La clamorosa beffa per il Pakistan: organizza il Cricket Champions Trophy, ma la finale si gioca a Dubai perché ci è arrivata l’India

Due sconfitte e una partita che non è stata nemmeno disputata a causa del maltempo. Questo il poco invidiabile risultato ottenuto dalla squadra nazionale di cricket del Pakistan nel corso dell’International Cricket Council Champions Trophy 2025. Il team degli Shaheens – Falchi – ha volato poco nel corso del torneo internazionale che ogni quattro anni mette di fronte le otto squadre migliori del mondo. Competizione che quest’anno si è tenuta proprio in Pakistan. E già questa è una notizia: era la prima volta dal 1996, infatti, che il turbolento paese asiatico ospitava un torneo di cricket di questa portata. A pesare sulla decisione di stare così a lungo alla larga dalle città pachistane anche l’attacco che nel 2009 subì a Lahore la squadra nazionale dello Sri Lanka, attentato che lasciò sul terreno nove vittime complessive tra personale di sicurezza e civili e causò il ferimento di sei giocatori.
Sulle sconfitte sportive però si può passare sopra, anche se una delle due è stata inflitta alla nazionale del Pakistan da quella dell’India, paese con cui la relazione bilaterale è a dir poco tesa e la rivalità sportiva altrettanto sentita. I rapporti sono a tal punto pessimi che la compagine indiana non ha giocato nemmeno una partita del torneo sul territorio pachistano, per paura di possibili attentati o, guardandola dal punto di vista politico, in una forma di sgarbo diplomatico. Qui sorge la beffa per i tifosi locali: rispetto al modesto risultato ottenuto sul campo, è molto meno facile digerire il fatto che anche la finale della competizione, che domenica metterà di fronte l’India e la Nuova Zelanda, verrà giocata a Dubai. Quest’ultima è stata la sede di tutte le partite disputate da Nuova Delhi nel corso delle quasi tre settimane di match e la città emiratina farà da cornice anche all’atto conclusivo dell’International Cricket Council Champions Trophy 2025. Una vera beffa, appunto.
Anche se lo sport nazionale è ufficialmente l’hockey su prato, il cricket è popolarissimo in Pakistan e tutte le precauzioni del caso, tra cui organizzare le partite in Sindh e Punjab, lontano dalle regioni più instabili del Belucistan e del Khyber Pakhtunkhwa, e mettere in campo misure di sicurezza monstre, sono state prese. Ma non è bastato e, ancor prima che le mazze e i caschi venissero tolti dagli armadietti, l’accordo era stato preso: Islamabad ha infatti accettato di vedere l’India giocare in esilio a condizione che, a sua volta, non sarà costretta a inviare la propria squadra in India per i prossimi eventi dell’International Cricket Council. Una vera e proprio cortina di ferro sportiva. Oltretutto, il fatto che le altre squadre del torneo si siano dovute spostare avanti e indietro dal Golfo Persico mentre la compagine indiana è rimasta stabile negli Emirati Arabi Uniti ha sicuramente avvantaggiato quest’ultima e dimostrato, una volta di più, il peso che il gigante asiatico ha sul mondo del cricket.
Questa vicenda mostra plasticamente quanto ancora sia alta la tensione tra Pakistan e India, una rivalità a tutto tondo che va avanti dalla fine del controllo britannico sul subcontinente indiano nel 1947. Come un pendolo, questo confronto oscilla tra momenti di grande tensione ad altri in cui si registra una certa distensione. Va detto che le classi politiche nazionaliste di entrambi i paesi spesso mettono l’accento, per usare un eufemismo, sulla competizione col rivale per ragioni di propaganda interna, giocando letteralmente col fuoco: Islamabad e Nuova Delhi sono infatti due pesi massimi militari e fanno parte dell’esclusivo club dei paesi detentori di un arsenale nucleare. Il Pakistan è il secondo paese musulmano più popoloso al mondo dopo l’Indonesia mentre l’India è il gigante demografico mondiale e, perlomeno dalla salita al potere del primo ministro Narendra Modi nel 2014, fautrice di un nazionalismo indù che sfocia spesso e volentieri nella più feroce repressione dei diritti degli oltre duecento milioni di cittadini musulmani presenti sul suo territorio. Lo sport spesso consente di superare le divisioni: in questo caso, ne ha certificato la profondità.