Chiamatemi Jim. 70 anni, nove film da regista in cinquant’anni di carriera, e tre di questi (Titanic, Avatar, Avatar The way of water) tra i primi cinque che hanno più incassato nel mondo, ma soprattutto una miriade infinita e minuziosa di bozzetti, disegni e fumetti alla base di ogni singola inquadratura delle proprie creazioni. The art of James Cameron è la mostra che raccoglie i risultati del concept design più scrupoloso, personale e redditizio che il cinema ha offerto nella sua storia.
Da queste ore nella lunga scala a spirale che sale in vetta alla Mole Antonelliana del Museo del cinema di Torino, sono visitabili le origini di un successo planetario cesellate su carta e firmate Cameron. Un azzurrino avatariano aleggia nel sempre buio museo sabaudo. Una venatura proveniente da altri pianeti e creature, proprio come se Cameron fosse un uomo venuto con le sue idiosincrasie preparatorie preproduttive da uno spazio antico e artigianale, anche quando digitale e ossessione per il 3D hanno trascinato i suoi film al successo.
Prima di ogni possibile set ci sono i bozzetti preparatori: tanti, dettagliatissimi, sempre in divenire, prove su prove, evoluzione su evoluzione. Sono trecento i pezzi (su oltre duemila) esposti a Torino che rappresentano soprattutto le radici e le origini creative del Jim illustratore che mamma portava al museo facendogli bigiare scuola quando era bambino (i surrealisti pare fossero la sua passione). Cameron beveva acqua e pasteggiava ad Arthur C. Clarke, Marvel e Kubrick. Poi creava vere e proprie strisce a fumetti (in mostra nella Mole in tutte il loro adolescenziale puntiglio e splendore) dove immaginava apocalissi, mostri alieni, ibridazioni.
Il bozzetto preparatorio per una delle locandine di Piranha II (opera prima del nostro ndr) è servito in tutto il suo provocante e piccante reliquiario slasher. Ma ci sono, tra i tanti spunti e chiavi di lettura della mostra, anche alcuni scatti dove Cameron ricostruisce fondali fotografici per un film di John Carpenter o butta giù uno schizzo colorato quando sa che Terminator dovrà essere venduto a Cannes e avrà bisogno di materiale di accompagnamento. Ovviamente tanto è lo spazio per le mutazioni mostrificate, flessuose, gigeriane che Cameron immagine e illustra prima di girare Aliens, The abyss, Terminator 2. La materia che si squaglia, scompone e ricompone nei film, viene prima tratteggiata e rivoluzionata su carta.
Il blocco dell’apoteosi mondiale – Titanic, Avatar – è forse quantitativamente in proporzione più esiguo, ma possiamo verificare che la preparazione per un’inquadratura di interni del Titanic (il celebre camino con orologio, per dirne uno) o dei numerosi schizzi per Neytiri in Avatar rasenta il parossistico. Di quest’ultima verso il fondo della mostra troviamo una dozzina di schizzi del viso continuamente ritoccati nelle occhiaie, nei contorni della bocca, nelle arcate degli occhi. “Ho voluto iniziare il processo di progettazione dei Na’vi con Neytiri perché il pubblico aveva bisogno di sentirsi attratto da lei”, spiega Cameron in una didascalia. E allora capisci che il valore del macrocosmo di un genio nasce esclusivamente dal microcosmo delle sue illustrazioni.
The art of James Cameron è costato al Museo del Cinema una cifretta mica da ridere – un milione di euro – ed è la prima tappa mondiale del tour organizzato dalla Cinemateque Française di Parigi, anche se si narra di una lunga battaglia tra Museo del Cinema e dirimpettai francofoni per aggiudicarsi la primogenitura dell’idea parecchi anni addietro. La mostra sarà visibile nella Mole fino al 15 giugno 2025. L’ideazione dunque è della Cinemateque in collaborazione con la Avatar Alliance Foundation, mentre l’allestimento torinese è curato da Carlo Chatrian, Kim Butts e Maria Wilhelm. Cameron assente giustificato (sta chiudendo Avatar 3, confermano le sue collaboratrici), ma si dice che presto sbarcherà a Torino.