di Enza Plotino

Un veleno inodore e insapore sgorga dai nostri rubinetti e intossica il nostro organismo, danneggiandolo giorno dopo giorno. Sono gli inquinanti chimici presenti nell’acqua potabile e nelle reti degli acquedotti di tutta Italia. Molecole tossiche che si accumulano nell’ambiente e sono pericolose per la salute di milioni di cittadini esposti quotidianamente, ogni volta che bevono un bicchiere d’acqua, a ingurgitare sostanze chimiche certificate “pericolose per la salute” dalla comunità scientifica, e quindi giudicate “non sicure” e “inaccettabili” in molte nazioni. Non solo europee.

In questi tempi di negazionismo dilagante, naturalmente qualche imbecille sempre urlerà al complotto degli ambientalisti sporchi e cattivi e al trionfo della libertà di “uccidersi con i bignè” come recitava una canzoncina del passato, ma se da una parte esistono pochi imbecilli che credono nella terra piatta e nella vita su Marte, l’intera popolazione si beve il veleno che scaturisce dai rubinetti sotto forma di acqua potabile e che contiene e diffonde Pfas (una micidiale sostanza chimica), oltre ai cancerogeni Pfoa, ai Tfa e i Pfos. Sigle apparentemente innocue ma che introducono nel nostro corpo sostanze pericolose ad altissimi livelli. Livelli che oltrepassano grandemente i limiti normativi e i parametri di legge fissati a livello comunitario, anche questi ultimi superati “dalle più recenti evidenze scientifiche (ad esempio quelle diffuse dall’Efsa) tant’è che recentemente l’Agenzia europea per l’ambiente (Eea) ha dichiarato che i limiti in via di adozione rischiano di essere inadeguati a proteggere la salute umana”.

Un’indagine di Greenpeace presenta la prima mappa della contaminazione delle acque potabili in Italia e si basa su un’analisi di 260 campioni raccolti in 235 città di tutte le Regioni e le province autonome nel corso del 2023. I risultati mostrano una diffusa presenza di composti pericolosi in tutte le città indagate, oltre al record, sempre nel nostro Paese, di uno dei più gravi casi di contaminazione da Pfas dell’intero continente europeo: in Veneto e in Piemonte. Un’emergenza gravissima con valori ben al di sopra dei limiti per tutte le sostanze analizzate e che vede le maggiori criticità in quasi tutte le Regioni del Centro-Nord e in Sardegna. Casi come quello del Veneto hanno scomodato perfino l’Onu che, dopo la visita del 2022, si è detta seriamente preoccupata per la popolazione di questa Regione.

Vorremmo immaginare il governo Meloni (ma anche i precedenti) impegnato nella protezione della popolazione con ogni mezzo d’indagine e normativo, ma sappiamo bene che non c’è in Italia nessuna emergenza Pfas, non c’è una legge e i controlli sono inesistenti. Per il nostro governo la contaminazione da veleni nell’acqua potabile non è un’emergenza. Non è nemmeno un problema in una scala di allarme. Il Ministero dell’Ambiente pensa al nuovo nucleare, a come far entrare dalla finestra i carburanti fossili che dalla porta europea non possono più entrare (una mano gliela darà Trump) ma ignora un pericolo che in altri Paesi europei ha già generato soglie molto restrittive. Per esempio la Francia e altri cinque Stati europei – Danimarca, Germania, Svezia, Paesi Bassi e Norvegia – stanno lavorando insieme per bandire del tutto l’uso e la produzione di Pfas e per darsi soglie più rigide visto che la stessa Direttiva 2020/2184 – che entrerà in vigore tra un anno imponendo altri limiti normativi – appare già insufficiente e inadeguata difronte all’allarmante sviluppo di questa contaminazione.

Mentre noi “beviamo” veleno e chi inquina non paga, il governo Meloni si “concentra” sulla messa al bando di chi denuncia, di chi aiuta, di chi soccorre, di chi si preoccupa della salute della collettività. Il negazionismo di Stato è il vero salto culturale della destra italiana e sta già danneggiando irreversibilmente il Paese.

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