Colpo di scena. Monte Paschi di Siena ha presentato un’offerta pubblica di scambio totalitaria per Mediobanca. Un affondo che segna un nuovo sorprendente sviluppo nella stagione del risiko bancario. Giovedì sera il Consiglio di amministrazione del gruppo senese ha approvato all’unanimità il lancio di un’offerta pubblica di scambio (Ops) volontaria su tutte le azioni ordinarie di Mediobanca, che verrebbero poi ritirate dalle negoziazioni a Piazza Affari. L’Ops valuta Piazzetta Cuccia 13,3 miliardi di euro e offre un premio del 5,03% sul prezzo di chiusura di Borsa di giovedì. Mps, si legge in una nota, offre 23 azioni per ogni 10 azioni Mediobanca portate in adesione. Se andasse in porto, l’offerta concretizzerebbe il terzo polo bancario dopo Intesa Sanpaolo e Unicredit auspicato dal governo e consentirebbe a Delfin e Caltagirone, azionisti sia di Mps sia di Mediobanca e Generali, di acquisire il controllo del gruppo assicurativo di Trieste. Un terremoto che andrebbe a modificare l’asse portante del capitalismo finanziario italiano.
Mediobanca ha fatto sapere di considerare ostile l’Ops. Dopo la notizia il titolo Mps ha perso quasi il 7% mentre quello della “preda” ha guadagnato altrettanto, indice che il mercato considera l’offerta troppo bassa.
Nuova mossa nel risiko – I grandi soci di Mps sono, accanto al ministero dell’Economia con l’11,7%, la finanziaria Delfin della famiglia Del Vecchio con il 9,8% e il gruppo Caltagirone con il 5% (seguono Bpm e Anima). La mossa a sorpresa della holding lussemburghese guidata da Francesco Milleri e dell’immobiliarista romano si lega alle ultime evoluzioni a cui si è assistito nel mondo bancario italiano e, in particolare, all’accordo tra Generali e i francesi Natixis per la creazione del secondo polo europeo del risparmio gestito. Operazione a cui sia Caltagirone sia la finanziaria della famiglia Del Vecchio si oppongono. Utile ricordare l’intreccio delle composizioni azionarie: Generali ha a sua volta come primo azionista Mediobanca (13%), seguita dagli stessi Delfin (9,9%) e Caltagirone 6,9%. Il primo azionista di Mediobanca è sempre la famiglia Del Vecchio (20%), seguita ancora da Caltagirone (10%) e da Blackrock con il 4,23%. Se Mps e Mediobanca si fondessero l’azionista di maggioranza sarebbe Delfin con una quota del 16%, seguito da Caltagirone con l’8,20% e Mef con il 4,8%. I primi tre azionisti arriverebbero a detenere dunque il 29% del capitale.
L’operazione decisa giovedì notte è l’ultima mossa in un risiko che a novembre aveva visto la coppia Del Vecchio-Caltagirone inghiottire un boccone indigesto: l’offerta lanciata da Unicredit su Banco Bpm. Quel Banco che sembrava destinato a unirsi con Mps per andare a formare, con la benedizione del governo, il terzo polo bancario italiano dopo quello di Intesa Sanpaolo e della stessa Unicredit. Banco Bpm a sua volta ha da poco lanciato un offerta sulla sgr Anima che Caltagirone avrebbe voluto traghettare verso il polo del risparmio gestito Generali.
Ora emerge che già a fine 2022 l’ad di Mps Luigi Lovaglio aveva prospettato al Mef, che resta appunto primo azionista dell’istituto, l’operazione su Mediobanca. Nella conference call sull’offerta il manager ha raccontato: “Il 16 dicembre 2022, dopo aver completato l’aumento di capitale da 2,5 miliardi (cui partecipò anche il Mef ndr) incontrai il ministro dell’economia (Giorgetti, ndr) e presentai tre opzioni: continuare da soli, fare un’operazione fra pari e un’operazione con Mediobanca. Ora – ha concluso – è giunto il momento”. Proprio nel 2022 l’ad di Mediobanca Alberto Nagel aveva resistito al tentativo di Caltagirone e Leonardo Del Vecchio di sfilargli il controllo del cda.
Serve un aumento di capitale – Difficile capire se Mps, da poco rimessa in carreggiata grazie anche ai massicci fondi versati dal governo per sostenerla, abbia davvero le risorse per una battaglia così impegnativa, soprattutto se dovessero spuntare concorrenti nell’offerta e /o difensori di Mediobanca. Il gruppo di Siena ha convocato per il 17 aprile 2025 l’assemblea dei soci per deliberare sull’aumento di capitale al servizio dell’offerta. Le azioni emesse serviranno come corrispettivo per l’acquisizione di quelle di Mediobanca dagli azionisti. La capitalizzazione di Mediobanca, circa 12 miliardi, è ben superiore a quella di Mps (8), i cui soci Caltagirone e Delfin sono però estremamente liquidi. I soli investimenti comuni nel settore finanziario, secondo calcoli del Sole 24 Ore, ammontano a 15 miliardi di euro.
Dall’ipotetica unione nascerebbe “un nuovo campione nazionale nel settore bancario italiano, che si posiziona al terzo posto nei segmenti chiave, con una forte complementarità di prodotti e servizi e caratterizzato da un business mix altamente diversificato e resiliente, con rilevanti sinergie industriali”, scrive Mps nella nota che annuncia il lancio dell’offerta. Sarebbe “un player di Wealth Management (gestione della ricchezza ndr) di prim’ordine, grazie alla combinazione dell’expertise di Mps e Mediobanca nel private banking e di Banca Widiba e Mediobanca Premier nell’asset gathering (raccolta di capitali ndr), grazie a circa 1.200 consulenti finanziari; un forte operatore CIB (corporate e investment banking ndr) in tutti i prodotti e il leader nel settore dei finanziamenti al consumo attraverso Compass, già partner scelto da MPS”.
I dubbi degli analisti – Per gli analisti di Equita l’Ops “solleva diversi dubbi“: “Il premio riconosciuto risulta modesto, considerando anche la probabile riduzione dell’appeal speculativo sul titolo BMPS. Riteniamo difficile identificare sinergie, mentre emerge il rischio di potenziali dissinergie. Inoltre, intravediamo difficoltà nel mantenimento e nell’apporto di nuove professionalità all’interno del gruppo risultante, con il rischio di una diluizione delle specificità distintive di Mediobanca”. Per Filippo Diodovich, Senior Market Strategist di IG Italia, le possibilità di successo sono “basse per più ragioni. L’offerta è considerata ostile dal CdA e ha un prezzo basso rispetto alle potenzialità”. Anche Morgan Stanley ritiene l’offerta di Mps per Mediobanca bassa e il “fit strategico non ovvio”, perché il business di Mediobanca è concentrato sull’investment banking, sul wealth management e l’asset management di fascia alta e sul credito al consumo mentre “il modello di business di Mps si focalizza sui servizi di banca retail e commerciale tradizionali e distribuisce i prodotti di Mediobanca nel credito al consumo”. Inoltre “il nostro target price è di 17,5 euro per azione, circa il 10% sopra il prezzo offerto da Mps”, si legge in un report degli analisti americani.
“Operazione targata governo” – L’Ops lanciata da Mps su Mediobanca “è un’operazione targata governo, si punta a mettere Mediobanca sotto controllo del blocco Delfin-Caltagirone insieme allo stesso governo”, è l’analisi d Salvatore Bragantini, economista ed ex commissario Consob. “Se viene lanciata un’operazione del genere, di queste proporzioni, dopo essere uscita da una crisi profondissima…vuol dire che ci sono alle spalle interlocutori ulteriori, non solo Mps. Intendo entità del mondo economico e politico“, aggiunge Giulio Sapelli, ex presidente della Fondazione Monte dei Paschi di Siena. “C’è probabilmente un disegno più vasto alle spalle, che mira a colpire Mediobanca e a consegnarla ad altri interlocutori”.
I sindacati: “Tutelare le condizioni contrattuali” – Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca e Unisin hanno incontrato Lovaglio dopo l’offerta e sottolineano che “ogni operazione strategica dovrà evolversi sulla base delle linee guida concordate a suo tempo fra azienda e sindacato sulla gestione dei progetti industriali”. Ovvero la “tutela integrale delle condizioni contrattuali e professionali, la conferma del perimetro di attività” della banca e la “valorizzazione del radicamento territoriale e del rapporto con la clientela”.