“Non c’è ancora un verdetto finale ma leggo con sempre più frequenza che c’è un centrodestra scatenato sull’ipotesi di voler trasformare questo luogo, proprio come hanno fatto con tanti altri spazi della città di Milano. Tra l’altro sono sempre gli stessi di quando indossavo i calzoni corti”. Sono le 9 del mattino e così esordisce lo storico portavoce del Leoncavallo, Daniele Farina. Anche oggi in tanti hanno risposto alla chiamata del collettivo per ritrovarsi davanti allo storico spazio occupato per un presidio antisfratto. Poco dopo le 10 si presenta l’ufficiale giudiziario. Resta pochi minuti, gli attivisti non lo vedono arrivare ma ha una notizia importante da comunicare: “Lo sfratto è rimandato al 19 marzo”. Qualcosa bolle in pentola ma ancora non è chiaro quale sia il destino del centro. Una delle ipotesi è che l’amministrazione comunale stia contrattando per trovare un nuovo spazio da destinare agli esponenti del centro sociale che da più di 25 anni occupa l’ex stamperia in zona Greco. Si tratterebbe di un capannone abbandonato nel quartiere Porto di Mare in via San Dionigi 117.
Con oggi, sono 130 i rinvii accumulati nel corso degli anni. Questa volta, però, pare che la famiglia Cabassi, proprietaria dell’immobile, non sia disposta a cedere. Resta da capire se l’associazione accetterà o meno la proposta del trasloco lasciandosi alle spalle uno spazio che, oltre ad aver vissuto quotidianamente, ha accumulato un patrimonio artistico di inestimabile valore.
“La verità è che questo è un luogo di riferimento per tutta la provincia e per chi arriva dalla periferia del dell’area metropolitana. È un luogo attraversato da diverse energie da diverse forze ed è un simbolo non solo per Milano ma per l’intera regione” urla uno degli esponenti del collettivo abitativo di Via Padova, che prosegue: “Il Leo simbolo di un’antagonismo che non dobbiamo perdere e per questo è così importante esserci a prescindere”. Fuori dal cancello laterale dello spazio autogestito, è allestita anche una console. Chiunque voglia può portare con sé una chiavetta per far ascoltare la propria selezione musicale. Tra un intervento e l’altro Djs e
produttori – che da anni organizzano eventi che animano gli spazi del centro – alzano il volume del mixer e lasciano che la musica faccia il resto.
Occupato, abbattuto, ricostruito, sgomberato, viandante, ricollocato. Anche oggi il futuro del Leoncavallo barcolla ma i suoi sostenitori fanno sentire la loro presenza. L’ultima procedura di sgombero ebbe inizio nel 2003 ma non fu mai portata a termine “per questioni di ordine pubblico”. Secondo la Corte d’Appello, però, “l’ordine pubblico non può giustificare la mancata esecuzione del provvedimento giurisdizionale” perché altrimenti questo caso potrebbe fare da apripista per altri casi analoghi che riguardano l’occupazione abusiva di immobili privati. È per questa ragione che, secondo i giudici, la mancata applicazione per oltre 18 anni dello sgombero è da imputare al Viminale e non all’associazione del centro sociale. L’odissea continua.