“Forze potenti vogliono esercitare la loro influenza incontrollata per eliminare le misure che abbiamo adottato per affrontare la crisi climatica”. È uno dei lasciti più inquietanti pronunciati da Joe Biden, un presidente che comunque non ha brillato nella lotta per la difesa dell’ambiente, durante uno dei suoi discorsi di addio. E le parole di Donald Trump, nel primo intervento da presidente degli Usa, hanno immediatamente dato consistenza ai timori di Biden: “Oggi dichiarerò l’emergenza energetica nazionale. Drill, baby, drill“. Via libera al più forsennato sfruttamento delle fonti fossili, petrolio, gas e carbone.

Che l’industria petrolifera abbia fortemente sostenuto la candidatura di Trump è noto (75 milioni di dollari di contributi solo durante l’ultima campagna elettorale) e non stupisce. Meno conosciute è il ruolo di altre forze, che rimangono nell’ombra, e che hanno come punto di riferimento la Heritage Foundation, think tank neoconservatore di estrema destra, incline al fanatismo religioso cristiano. Qui è stato messo a punto il “manuale” per i primi 180 di presidenza “Project 2025”. Oltre 900 pagine di raccomandazioni, e suggerimenti per la loro implementazione, su tutte le materie di cui dovrà occuparsi il nuovo presidente.

Tra le prescrizione compaiono la limitazione dell’accesso all’aborto, il sostegno a una definizione di famiglia “basata sulla Bibbia” perché “la diade uomo-donna è essenziale per la natura umana” e quindi bisogna sostituire le politiche che promuovono l’equità LGBTQ+ con quelle che “sostengono la formazione di famiglie nucleari stabili e sposate” (Amazon, McDonald’s e Meta, molto attente alla voce del padrone, hanno annunciato la fine delle politiche aziendali di inclusione). In tema di lavoro si propone di abolire le leggi sul pagamento degli straordinari, di mettere completamente al bando i sindacati del settore pubblico, di eliminare le tutele in materia di salute e sicurezza, eliminare il salario minimo federale, rendere più difficile ricevere i sussidi di disoccupazione e permettere il lavoro minorile.

La parte dedicata all’ambiente è opera di Mandy Gunasekara che è ritenuta essere stata la regista dell’uscita degli Stati Uniti dagli Accordi di Parigi decisa dalla prima amministrazione Trump. Tra le nuove proposte di Gunasekara c’è lo smantellamento della National Oceanic and Atmospheric Association che, tra i suoi compiti, ha pure quello di tracciare e studiare gli uragani. E questo, secondo la Heritage Foundation, è parte di una “colossale operazione che è diventata uno dei principali motori dell’industria dell’allarme per il cambiamento climatico“. In base a project 2025 dovrebbe sparire pure l’Agenzia per la protezione dell’ambiente, così come dovrebbero essere rimosse rilevazioni e limiti sull’inquinamento dell’aria. Nessun limite, visto che la crisi climatica non esiste, all’utilizzo dei combustibili fossili.

Nelle ultime fasi della campagna elettorale Donald Trump ha negato di avere rapporti con la Heritage Foundation e di avere intenzione di fare proprio il Project 2025. Ma un conto sono le parole, un altro i fatti. Trump conosce bene il presidente della Heritage Foundation, Kevin Roberts e ne ha più volte elogiato il lavoro. “Questo è un grande gruppo, getterà le basi e definirà i piani dettagliati per ciò che esattamente il nostro movimento farà quando il popolo americano ci darà un mandato colossale per salvare l’America”, ha affermato nel 2023.

Dopo la vittoria del 5 novembre, Trump ha inserito diversi artefici di Project2025 in ruoli chiave della nuova amministrazione. In particolare Russell Vought, è stato messo a capo dell’ Office of Management and Budget, struttura che esercita grande influenza sul governo federale elaborando il bilancio del presidente. Brendan Carr, autore di un capitolo di Project 2025 è indicato come presidente della Federal Communications Commission. Pete Hoekstra, scelto come ambasciatore in Canada, è a sua volta uno degli estensori del documento. Così come lo sono Tom Homan, lo “zar dei confini americani”, e Peter Navarro, nominato consulente per il commercio e l’industria e autore del capitolo di Project 2025 “The Case for Fair Trade”.

E i primi provvedimenti di Trump sono tutti contemplati nel documento della Heritage Foundation: il ritiro degli Usa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dagli Accordi di Parigi sul Clima, lo stop alle politiche di Biden sui veicoli elettrici, l’incremento delle trivellazioni petrolifere in Alaska. Riesumiamo a questo punto l’ intramontabile massima follow the money, segui il denaro. Chi finanzia la Heritage Foundation? Parecchio denaro è arrivato da colossi petroliferi come Exxon Mobil e, ancora di più, dalla ricchissima famiglia Koch, molto presente nel settore petrolchimico e dei fertilizzanti e storica sostenitrice di movimenti ultra conservatori e di estrema destra statunitensi. Denaro anche da Pharma, la lobby dell’industria farmaceutica e dalla famiglia Walton, proprietaria di Walmart. E poi una sterminata galassia di donazioni che provengono da fondazioni, enti caritatevoli che, molto spesso sono schermi che permettono di occultare l’identità dei finanziatori. Da qui, in vent’anni sono giunti quasi 200 milioni di dollari..

Un’inchiesta di The Lever ha mostrato come, dal 2020 ad oggi, Heritage Fundation abbia ricevuto 18 milioni di dollari da cosiddetti “donor advised fund“. In particolare da quelli amministrati da colossi della finanza come Fidelity, Vanguard e Charls Schwab. Giova ricordare che Vanguard e Fidelity sono anche importanti azionisti di molte multinazionali del petrolio, delle armi, del tabacco e della chimica. La rete di finanziatori si intreccia inoltre con oscure entità che si adoperano per la creazione di una riserva strategica di bitcoin da parte degli Stati Uniti. Una di queste è la Satoshi Action Fund che riceve indirettamente finanziamenti. Il Sathoshi Action Fund è stato co-fondato da Mandy Gunasekara dell’Heritage Foundation e che, come si è visto, è la responsabile della sezione dedicata all’ambiente (o sarebbe meglio dire all’annientamento delle politiche ambientali) di Project 2025. Minuscola nota a margine: il terminale italiano di questa rete di neoconservatorismo estremo è l’Istituto Bruno Leoni, da cui il bocconiano Francesco Giavazzi ha attinto per fornire alcuni consulenti al governo Draghi (Carlo Stagnaro e Serena Sileoni). Negli anni, anche l’Ibl, si è distinto per una linea negazionista sui cambiamenti climatici che Stagnaro continua a propugnare sul quotidiano Il Foglio.

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