Per salvare l’agricoltura (e il Pianeta) non bisogna fare niente: il curioso metodo botanico di Masanobu Fukuoka

Non arare, non fertilizzare, non fare compostaggio, non diserbare, non potare gli alberi, non usare prodotti chimici, né trattori né altre automazioni a petrolio. È l’agricoltura “del non fare”, basata sul metodo del botanico e filosofo Masanobu Fukuoka e illustrata nel manuale di Kutluhan Özdemir L’agricoltura naturale e l’arte del non fare (Terranuovaeditore). “Se ci fidiamo della natura, la domanda da porci non è cosa possiamo fare per migliorarne il funzionamento, bensì quali azioni possiamo smettere senza ridurre la resa del terreno”, scrive l’autore, sottolineando che “un contadino naturale può considerare il suolo di cui si prende cura come un sistema chiuso che non richiede materiali, interventi o attrezzatura proveniente dall’esterno”.
L’agricoltura naturale si oppone alla focalizzazione sul risultato economico immediato, all’approccio biocida (tendente ad eliminare dal suolo e dalle piante tutto ciò che considera dannoso a prescindere dalla sua funzione nell’ecosistema), alla meccanizzazione spinta in sostituzione di manodopera umana, alla progressiva artificializzazione della natura (monocolture, Ogm), agli elevati costi di produzione, alla subordinazione ai dettami della grande distribuzione, alla bassa qualità nutrizionale dei raccolti, alla dipendenza dal petrolio e altre fonti fossili.
L’aratura, spiega il manuale, non esiste in natura, e causa problemi come l’erosione del suolo e la perdita di sostanze nutritive, la comparsa di erbe infestanti, la diminuzione della produttività. I fertilizzanti non sono necessari, perché la fertilità del suolo può essere conservata lasciando che i cicli naturali facciano il loro corso. Le piante infestanti svolgono un ruolo importante nella creazione delle fertilità e dell’equilibrio biologico del suolo, non vanno dunque combattute ma solo controllate. L’uso di sostanze chimiche, come fertilizzanti, pesticidi, fungicidi ed erbicidi, anche quelli che le normative sul biologico considerano naturali, danneggia sia le persone che consumano che il suolo. Anche gli alberi non vanno potati, lasciando che un albero segua la sua forma naturale.
Il metodo dell’agricoltura naturale è critico anche verso l’agricoltura biologica, specie quella della grande distribuzione, che ammette solo l’impiego di sostanze presenti in natura. Di fatto l’agricoltura biologica della grande distribuzione “applica modalità industriali di coltivazione esattamente come accade con l’agricoltura convenzionale”. Come l’approccio biocida, che tende ad eliminare tutto ciò che viene considerato dannoso per il raccolto, e l’utilizzo di coltivazioni monocolturali.
Ma come si può non intervenire in epoca di cambiamenti climatici? In verità, proprio l’assenza di intervento è la risposta ai mutamenti causati dall’uomo e l’agricoltura ambientale un modo concreto e a basso costo per risolvere la crisi. “Coltivare in questo modo”, sottolinea l’autore, “previene l’inquinamento delle acque, la perdita delle acque, la perdita della biodiversità, la desertificazione e l’erosione del suoli, fornendo al contempo grandi quantità di cibo. E’ una strada per salvare non soltanto i terreni dall’impatto distruttivo dell’agroindustria, ma anche la possibilità stessa della pratica agricola dalla distruzione dei terreni”. I terreni coltivati naturalmente sono in grado di produrre abbondante cibo. D’altronde, chiede provocatoriamente sempre l’autore, “produce più cibo un terreno che viene spremuto all’inverosimile per qualche decennio fino alla sua morte precoce o un terreno che ogni anno genera vari tipi di frutti e continua a rigenerarsi da solo, a vivere e restare produttivo nei secoli senza nessun intervento umano invasivo?”.
Ovviamente, non fare significa sedersi sotto un albero e stare immobili, ma fare la cosa giusta al momento giusto, mentre viviamo una vita il più possibile naturale. Intervenire dunque solo quando è davvero necessario, nel momento in cui bisogna proteggere o aiutare la terra nel suo percorso, avendo cura però di evitare le interferenze dettate dalle mente o dall’economia. Partendo dalla riflessione per cui “ogni volta che pensiamo che stiamo facendo qualcosa, sia pure il compost, siamo fuori dall’agricoltura naturale”. E soprattutto da una convinzione: che la natura è perfetta esattamente com’è.