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Caso Ramy, eventuali strumentalizzazioni non sollevano gli accusati dalle proprie responsabilità

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di Rosamaria Fumarola

“Se me lo dicevi prima!” è il titolo di una canzone del 1989 di Enzo Jannacci. È una sorta di dialogo surreale tra un soggetto schiacciato dai problemi e il suo interlocutore, che gli fa credere che se lo avesse messo al corrente prima della sua situazione ogni cosa si sarebbe potuta risolvere. Ovviamente Jannacci intendeva stigmatizzare il comportamento di coloro che in nessun caso sono disposti a fare qualcosa per gli altri, né prima, né durante, né dopo una tragedia.

Il ricorso ad una balla, una menzogna, per quanto diffuso non può tuttavia cambiare il peso vero delle cose. Che ad esempio durante il recente inseguimento in auto di due ragazzi che non si sono fermati allo stop delle forze dell’ordine, i rappresentanti di queste abbiamo tentato di fare cadere i due dalla moto, speronandoli e imprecando per non esserci riusciti, non è uno spettacolo gradevole e lo è diventato ancora meno quando l’auto ha travolto i giovani decretando la morte di uno dei due. Audio e video dell’accaduto sono diventati virali, indignando al punto tale che in molte città si sono organizzate manifestazioni di protesta, diventate a loro volta causa di scontri con le forze dell’ordine.

L’endorsement a queste è arrivato da più parti politiche e nessuno ha osato accusare apertamente i carabinieri che hanno esultato per aver causato la morte di un ragazzo durante un inseguimento, anche se qualche voce fuori dal coro ha sottolineato come sarebbe bastato appuntare il numero della targa e dedicarsi ad altro per evitare la tragedia e che l’inseguimento non si è svolto in modo corretto. A dirlo è stato l’ex capo della polizia Franco Gabrielli, che ha anche aggiunto che carabinieri e poliziotti sono tenuti a rispettare il principio di proporzionalità nel calibrare le loro azioni.

La destra al governo – e non solo – sottolinea invece come sia necessario difendere sempre chi rischia ogni giorno la vita per tutelarci (scudo penale a cui il Siulp, il sindacato di polizia, è assolutamente contrario), che i manifestanti sono stati strumentalizzati da gruppi politici estremisti contrari alle forze di governo e che un processo è la sola sede per chiarire come siano davvero andate le cose. Per costoro gli improperi rivolti ai due ragazzi inseguiti non dovrebbero essere presi in nessun modo in considerazione.

Proprio quelle parole fanno luce invece su una situazione in cui guardie e ladri agiscono e si esprimono allo stesso modo. Perché dovrei allora difendere quelle guardie che non rispettano la vita (quella di chiunque) come bene primario e che si lasciano andare ad un uso sconsiderato della forza di cui dispongono? Perché non dovrei aspettarmi da costoro una temperanza nell’uso delle parole e nelle azioni ben superiore a quella di cui io sarei capace?

Risulta peraltro incomprensibile la miopia assoluta nella valutazione dei fatti dimostrata da chi, senza porsi alcuna domanda, ha difeso i carabinieri ora indagati. Esiste infatti una sensibilità che indipendentemente dal grado d’istruzione, dall’età, dalla classe sociale da cui si proviene, fa apparire intollerabili e indifendibili alcuni atti perché hanno oggettivamente valicato ogni limite consentito.

Ciò non esclude strumentalizzazioni vergognose ma non solleva nemmeno gli accusati dalle proprie responsabilità, perché a raccontare balle si è tutti capaci, come ci ha insegnato magistralmente Jannacci, ma è sempre possibile, come in questo caso, che qualcuno non ci creda e si assuma l’impegno di fartelo sapere.

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