È un Donald Trump senza freni quello che si è presentato in conferenza stampa a Mar-a-Lago, quando mancano meno di due settimane al suo insediamento alla Casa Bianca. Una pioggia di annunci e dichiarazioni che spaziano da quella su un’ipotetica conquista “con la forza militare” del Canale di Panama e della Groenlandia, a quelle che riguardano i paesi dell’Alleanza, come ad esempio la necessità di un innalzamento della spesa per la Difesa al 5% per tutti i paesi membri della Nato.
La Nato costa cara
I 32 Stati membri stanno cercando un modo per rispettare tutti la soglia minima di spesa del 2% del Pil per la Difesa stabilita dagli accordi e Donald Trump cosa fa? La alza. Non è il primo, va ricordato, a ipotizzare un rialzo dei limiti: lo hanno già fatto il segretario generale, Mark Rutte, e la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Ma chi ha usato in passato il ricatto di un’uscita dall’Alleanza se tutti i membri non si fossero allineati è proprio il tycoon. Che martedì nel suo intervento ha rilanciato: “Gli alleati della Nato dovrebbero spendere il 5% del Pil. Tutti possono permetterselo, dovrebbe essere al 5% e non al 2%”.
Tutela dell’ambiente? No, avanti con le trivellazioni
Il neoeletto presidente ha voluto però iniziare il suo intervento presentandosi come colui che è giunto a Washington per salvare l’America da una gestione, quella del suo predecessore, precaria: “Ereditiamo una situazione difficile dall’amministrazione uscente” e “fanno di tutto per renderla ancora più difficile”, ha detto promettendo di “ribaltare immediatamente” le azioni appena intraprese da Joe Biden in tema di protezione ambientale. “Drill, baby drill!“, ha detto Trump ripetendo uno degli slogan della sua campagna un giorno dopo la mossa del Dem che ha dichiarato area protetta praticamente tutta la costa statunitense, impedendo così la nascita di nuovi siti estrattivi. “Siamo all’inizio di una bellissima età dell’oro del business“. Lui, come Re Mida, promette di rimediare a tutti gli “sprechi” di denaro della precedente amministrazione: “Ha buttato via 50-60 trilioni di dollari di valore – ha detto Trump riferendosi alle mosse di Biden per la tutela dell’ambiente – Quell’uomo non ha idea di quello che fa”.
Di questa nuova età dell’oro, sostiene, si vede già l’alba se si pone l’attenzione su alcuni aspetti: “Avremo di nuovo un grande Paese, al momento abbiamo un Paese sotto assedio, nessuno ci rispetta all’estero, ma ora lo fanno, la premier italiana sapete è venuta qui la notte scorsa, ha fatto toccata e fuga, voleva vedermi”. Il presidente eletto americano ha poi ricordato “il grande rispetto” che gli è stato mostrato “quando sono andato alla cattedrale”, riferendosi alla sua partecipazione alla cerimonia di riapertura di Notre Dame a Parigi.
Panama e Groenlandia? Trump non esclude l’uso della forza militare
Il tycoon è tornato anche sulle sue recenti dichiarazioni secondo le quali gli Stati Uniti dovrebbero annettere la Groenlandia e riprendersi il Canale di Panama. Un modo per cercare di convincere gli scettici che la sua non è una semplice boutade. “Siamo in trattative con loro”, ha dichiarato riferendosi al governo panamense. Il motivo dietro a questa mossa risale, dice, ai tempi di Jimmy Carter presidente: era una “brava persona”, ma “dare via il Canale di Panama fu un grosso errore. Credo sia per questo che perse le elezioni, ancora di più che per gli ostaggi”, ha detto in riferimento alla crisi di Teheran.
Ma non è un obiettivo secondario, a suo dire. Anzi, esattamente come per la Groenlandia non esclude l’uso della forza militare per raggiungerlo. E a proposito di Groenlandia, dopo le proteste della Danimarca che controlla il territorio da due secoli e che ha anche deciso di modificare il blasone reale per renderne più evidente il possesso, ha detto di valutare anche l’imposizione di dazi doganali come ritorsione.
“Il Golfo del Messico? Si chiamerà Golfo d’America”
Se Panama e Danimarca, quindi, devono guardarsi le spalle dal nuovo inquilino della Casa Bianca, non è migliore, sempre stando alle dichiarazioni, la situazione di Messico e Canada. Per il vicino meridionale degli Stati Uniti, il tycoon ha in mente un cambio del nome per il Golfo del Messico: “Lo chiameremo Golfo d’America, che bel nome!”. Mentre per il Canada, contro il quale aveva minacciato l’imposizione di altri dazi, ha detto di avere intenzione di usare la “forza economica” contro quello che vorrebbe diventasse il 51esimo Stato americano.
Un’indicazione l’ha data anche per uno dei conflitti che si consumano al di là dell’Atlantico, in Medio Oriente. Che i legami con Israele fossero solidi lo si era ben capito dalla sua precedente esperienza presidenziale, ma anche in questo caso ha tenuto a ribadire che gli Usa sono totalmente al fianco dello Stato ebraico: se gli ostaggi in mano a Hamas non verranno liberati entro il 20 gennaio “in Medioriente si scatenerà l’inferno”.
Perdono per i ribelli di Capitol Hill?
Uno degli annunci più attesi dalla base radicale che sostiene il nuovo presidente è quello che riguarda la grazia a coloro che sono stati condannati per l’assalto del 6 gennaio 2021 al Congresso americano. Nonostante abbia dovuto rivedere la propria posizione pubblica per timore di ritorsioni legali, anche l’ultimo evento a Mar-a-Lago, con la proiezione di un documentario a sostegno della tesi delle “elezioni rubate“, conferma che il magnate newyorkese non ha alcuna intenzione di cambiare versione. Così, nel fiume di dichiarazioni ha inserito anche un passaggio sui condannati: “Beh, ci stiamo pensando – ha detto parlando della grazie -Le persone che hanno fatto delle cose cattive non sono state perseguite e le persone che non sono nemmeno entrate nell’edificio sono in prigione in questo momento. Quindi, ci occuperemo di tutta la faccenda. Ma farò dei condoni importanti, sì”.
Su Facebook “bene lo stop al fact-checking”
E a proposito di fake news e teorie del complotto, Trump esulta anche per un altro risultato raggiunto e annunciato nella giornata di martedì: la decisione di Facebook di eliminare il fact-checking dai suoi contenuti. Una mossa simile a quella del social del braccio destro del nuovo presidente, Elon Musk, che su X dà la possibilità solo agli utenti di contestualizzare i contenuti messi in circolo da altri profili. “Penso che Meta abbia fatto molta strada, l’uomo (Zuckerberg, ndr) è impressionante”, ha detto dopo aver avuto un incontro col Ceo del colosso dei social proprio a Mar-a-Lago e aver strappato anche nomine legate ai Repubblicani ai vertici della compagnia.
Anche se, parlando di affari, la notizia attesa del giorno era l’annuncio di un investimento da ben 20 miliardi per costruire data center negli Usa da parte del miliardario del settore immobiliare degli Emirati Arabi Uniti, Hussain Sajwani, fondatore e presidente di Damac. Il tycoon ha spiegato che i data center saranno costruiti in diversi stati. “Siamo molto entusiasti per questa nuova presidenza”, ha dichiarato il miliardario.
Stop a indagini e report sulle vicende legali
Le indagini nei suoi confronti, nonostante l’immunità presidenziale, non spariscono, però. E anche su quelle Trump sta cercando di trovare una soluzione o, almeno, riuscire a depotenziarle. I suoi avvocati hanno ad esempio presentato un nuovo appello per fermare la sentenza nel caso pornostar a New York, prevista per il 10 gennaio. L’istanza è stata presentata al primo dipartimento della divisione d’appello statale, ma è stata rigettata.
Inoltre, sempre i legali hanno chiesto che venisse bloccata la pubblicazione del rapporto del procuratore speciale Jack Smith, che illustra in dettaglio i risultati delle sue due indagini sul presidente entrante, e stanno esortando il procuratore generale Merrick Garland a licenziare Smith e a bloccare la divulgazione pubblica del rapporto. Una mossa che si è rivelata vincente dato che la giudice distrettuale Aileen Cannon, nominata da Donald Trump, ha impedito a Smith e Garland di “rilasciare, condividere o trasmettere” il rapporto o qualsiasi bozza o conclusione da esso derivante mentre una Corte d’Appello federale di Atlanta valuta una mozione d’urgenza di due degli ex coimputati del presidente eletto. I coimputati hanno affermato che la pubblicazione del rapporto creerebbe un ingiusto pregiudizio verso di loro.