Una telefonata per dimostrarle vicinanza, che diventa però un accorato appello della vittima ad agire. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha telefonato alla consigliera comunale di Genova, Francesca Ghio, che l’altro giorno ha raccontato in aula delle violenze subite quando era una dodicenne. Una denuncia potente, in seguito alla quale è anche stata aperta un’inchiesta che porterà l’esponente di Alleanza Verdi Sinistra a essere ascoltata dai magistrati nei prossimi giorni.

La premier ha deciso di sentire Ghio che ha però sfruttato la telefonata per invitarla ad agire, come ha raccontato lei stessa in un lungo post su Instagram: “Ho parlato 20 minuti al telefono con il presidente Giorgia Meloni. Se avessi assecondato il motivo della sua telefonata probabilmente sarebbe durata pochi secondi. Giusto il tempo di lasciare che mi riportasse i complimenti per il coraggio e la vicinanza per il dolore, ma non ci sto a queste logiche – ha scritto la consigliera genovese – Non arretro di un centimetro e ho usato anche questa sua chiamata per dirlo. A chi politicamente vuole la mia attenzione, dicendomi che sono stata brava, rispondo che non ha capito l’essenza del mio gesto”.

Il suo è un lungo e sentito post nel quale sottolinea: “Sono Francesca e sono morta a 12 anni e anche per colpa di persone come lei che, pur avendo il potere nelle mani, pur avendo gli strumenti per cambiare, scelgono di guardare da un’altra parte trovando continuamente un capro espiatorio e deresponsabilizzare le istituzioni, addossando al singolo. La colpa per evitare di risolvere il problema, nascondendolo dietro parole retoriche: sono figli sani di un sistema malato, non è uno slogan è la realtà”, scrive Ghio riportando i concetti espressi nel corso del colloquio con la presidente del Consiglio.

“Sono madre, mi ha detto al telefono – prosegue – Sono madre anche io. E lotto per mia figlia e anche per la sua, per i figli e le figlie di tutti noi per fare in modo che non ci sia altro dolore evitabile. Dire a me, a Gino, a Chiara, a tutti i cuori frantumati e le ossa rotte che vi dispiace, serve solo a voi stessi per sentirvi meglio con quello che avete o non avete fatto. A noi serve un cambiamento. Siamo il grido altissimo e feroce di tutte quelle persone che più non hanno voce”.

Da qui la richiesta alla premier, sempre nel lungo post, ribadendo che il suo è stato anche un atto politico: “Se davvero le sono arrivata, presidente Meloni, allora lo dimostri con la potente azione politica che ha nelle sue mani. È una responsabilità, è un privilegio poter usare la politica per risolvere i problemi. Le parole ora risuonano vuote come il buio che ho attraversato. Chiedo una cosa, insieme chiediamo una sola cosa a grande voce: vogliamo l’educazione sessuo-affettiva, all’emozione e al consenso in tutte le scuole del Paese per tutti i bambini e le bambine di oggi, che saranno gli adulti di domani per mettere nelle loro mani e nei loro cuori gli strumenti potenti della consapevolezza e dell’amore”.

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