Cresce la tensione in Medio Oriente. Israele ha compiuto – nella serata di domenica – una serie di attacchi contro diverse aree nella Siria centrale, colpendo anche alcuni siti militari che che sarebbero impegnati nello sviluppo di armi. L’Osservatorio siriano per i diritti umani ha riferito che il bilancio è – al momento – di 18 morti, tra cui quattro civili, otto militari siriani e sei persone ancora non identificate. Oltre 30, invece, i feriti. Raid che hanno provocato la condanna dell’Iran: il portavoce del ministero degli Esteri di Teheran ha accusato Israele per l’attacco in Siria definendolo “criminale” e ha esortato gli alleati di Israele a “smettere di sostenere e armare” Tel Aviv.

Lo stesso Osservatorio ha riferito che uno degli attacchi ha preso di mira un centro di ricerca scientifica a Maysaf e altri siti militari dove “le milizie e gli esperti iraniani sono di stanza per sviluppare armi in Siria“. I media locali hanno anche riferito di attacchi nei pressi della città costiera di Tartous. Secondo l’agenzia siriana Sana, le difese aeree siriane “hanno affrontato un’aggressione che ha preso di mira diversi punti nella regione centrale”, danneggiando un’autostrada nella provincia di Hama e innescando incendi che le squadre dei vigili del fuoco stanno cercando di domare.

Negli ultimi anni Israele ha effettuato centinaia di attacchi contro obiettivi all’interno di zone controllate dal governo della Siria, ma raramente riconosce le operazioni o le commenta. Gli attacchi hanno spesso come obiettivo le forze siriane o i gruppi sostenuti dall’Iran. La Siria è, infatti, considerata una rotta chiave per l’invio di armi al gruppo militante libanese Hezbollah.

L’Iran, per bocca del portavoce del suo ministero degli Esteri Nasser Kanaani, ha condannato i raid affermando che “questo attacco ha mostrato che i crimini del regime sionista non sono limitati ai confini della Palestina”. Kanaani ha inoltre detto che le Nazioni unite dovrebbero adottare misure più serie contro quelli che ha definito i barbari crimini di Israele: “È giunto il momento che i sostenitori del regime sionista smettano di armare questo regime e che le organizzazioni internazionali e le Nazioni Unite condannino i crimini del regime sionista e adottino misure”, ha dichiarato il portavoce.

Intanto sul fronte della guerra a Gaza, Hamas ha negato la ricostruzione di alcuni media americani secondo cui il gruppo palestinese avrebbe posto nuove condizioni nei colloqui mirati al raggiungimento di un cessate il fuoco e al rilascio degli ostaggi ancora trattenuti a Gaza. Su Al-Jazeera, il portavoce di Hamas, Basem Naim, ha accusato i funzionari statunitensi citati come fonti dai media americani di aver “avvelenato i negoziati“: “Hamas non ha presentato alcuna nuova condizione ai mediatori né sulla questione dei prigionieri né su altre questioni. Il movimento ribadisce il suo impegno relativamente a quanto concordato il 2 luglio di quest’anno, che si basava sulla proposta del presidente Biden e sulla risoluzione numero 2735 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite“, ha affermato Naim, aggiungendo che “siamo pronti a negoziare immediatamente le misure di attuazione di questo accordo”.

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