La direzione aziendale di Aast, Arvedi Acciai Speciali Terni, ha comunicato lo stop ad uno dei due forni elettrici dell’acciaieria umbra. La decisione, fa sapere l’azienda, è stata presa “a causa del perdurare degli alti costi energetici che non consentono all’azienda di essere competitiva nei confronti delle crescenti importazioni dall’Asia a prezzi stracciati. L’Azienda prevede, al momento, di fermare un forno elettrico per una settimana a fine settembre“. La società afferma che lo stabilimento di Terni, dal primo gennaio al 31 luglio, ha dovuto versare mediamente 97 euro per megawattora contro i 21 in Francia, i 32 in Germania, i 35 in Finlandia e i 62 in Spagna pagati dai produttori di acciaio inox concorrenti di Acciai Speciali.
“Il livello del costo dell’energia elettrica in Italia, tre volte superiore a quello di altri paesi europei dove sono basati i concorrenti di Aast, sta condizionando il piano di rilancio dello stabilimento umbro, vanificando gli sforzi di efficientamento fin qui compiuti ed i benefici degli ingenti investimenti già realizzati dalla gestione Arvedi”, afferma Arvedi Ast. Per Ast lavorano oltre 2mila persone. Il 2023 si è comunque chiuso con un utile di quasi 16 milioni di euro. Nel 2022 Ast è stata comprata dal gruppo siderurgico Arvedi, di Cremona.
Arvedi aveva posto sin dal momento dell’acquisizione il tema del costo dell’energia, subordinando la realizzazione degli investimenti, per 860 milioni, a risolutivi interventi normativi e/o infrastrutturali. Ma dal governo non è sinora giunta nessuna risposta e dallo scorso inverno non si sono più tenuti incontri sul dossier.
“È la prima volta che l’area a caldo di Ast viene fermata per i costi alti e non per motivi produttivi, seppur con un mercato ancora debole e con poca visibilità da qui alla fine dell’anno. Se il costo dell’energia è l’ultimo nodo per l’accordo di programma, ci aspettiamo da azienda, governo e istituzioni locali azioni concrete per giungere al termine di questa lunghissima fase di incertezza”. A scriverlo, in una nota, sono Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom-Cgil, e Alessandro Rampiconi, segretario generale Fiom-Cgil di Terni. Circa 200 i lavoratori – rendo noto la Fiom – i lavoratori posti in cassa integrazione durante la fermata.
“Sarà necessario attivare una settimana di cassa integrazione in area fusione in occasione dello stop a fine mese di un forno di Arvedi Acciai Speciali Terni, annunciato oggi dall’azienda a causa degli alti livelli del costo dell’energia”, avverte il segretario nazionale della Fim Cisl, Valerio D’Alò. “Il governo, che ha sempre ribadito la strategicità di Acciai Speciali Terni, è chiamato ad intervenire prima che sia troppo tardi”, dichiarano Guglielmo Gambardella, segretario nazionale Uilm, e Simone Lucchetti, segretario Uilm Terni, secondo cui l’annuncio del gruppo Arvedi di voler fermare per una settimana una delle due linee fusorie del sito di Terni “non rappresenta un fulmine a ciel sereno”.
Al di là delle diverse politiche di incentivazione dei diversi paesi, le imprese energivore (siderurgia, chimica, fertilizzanti, cartiere, etc), soffrono tutte le ricadute dell’aumento dei costi energetici dovuti alla guerra in Ucraina. Il prezzo del gas è da tempo tra i 35 e i 40 euro al megawattora, valori quasi doppi rispetto alla media storica. Per le acciaierie, alle prese con un eccesso di offerta globale, il problema si acuisce. Il colosso tedesco Thyssen Krupp progetta, ad esempio, di dimezzare la sua capacità produttiva per focalizzarsi sui segmenti a più alto valore aggiunto.