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“L’acqua calda in cella non è un diritto del detenuto, il carcere non è un hotel”: Garante avvia accertamenti

“L’acqua calda in cella non è un diritto del detenuto, il carcere non è un hotel”: Garante avvia accertamenti
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L’acqua calda in cella? “Non è un diritto essenziale“, ma si “può pretendere solo in strutture alberghiere“, quindi non certo in carcere. È questo il contenuto di un’ordinanza di un giudice di sorveglianza che ha rigettato il ricorso di un detenuto. Un’argomentazione che ha spinto il Garante dei detenuti ad avviare gli accertamenti su questa e su altre ordinanze dei magistrati di sorveglianza che hanno rigettato i ricorsi di detenuti che chiedevano la liberazione anticipata, lo sconto di pena o il risarcimento dei danni presentati da vari detenuti nel carcere di Sollicciano a Firenze.

Mentre aumentano i suicidi nelle carceri italiane e si susseguono le proteste dei detenuti, il Garante apre oggi questo nuovo fronte, soffermandosi in particolare su quell’ordinanza in cui si legge: “Con riferimento alla mancanza di acqua calda nel lavandino che si trova all’interno delle camere detentive, ritiene questo magistrato che la fornitura di acqua calda all’interno della cella non sia un diritto essenziale garantito al detenuto, ma una fornitura che si può pretendere solo in strutture alberghiere”. Verifiche saranno avviate anche sul rigetto della richiesta di liberazione anticipata di un recluso che in passato aveva tentato il suicidio. La motivazione del respingimento sarebbe dovuta al fatto che “il tentativo di togliersi la vita mediante impiccagione è incompatibile con il presupposto della liberazione anticipata che è la partecipazione all’opera rieducativa“.

Sono centinaia i ricorsi da parte di detenuti nella casa circondariale di Firenze, i quali lamentano di trovarsi da diversi anni in condizioni inaccettabili e per questo hanno chiesto sconti di pena, alcuni dei quali sono stati accolti proprio perché ne sono state riconosciute le motivazioni ai sensi dell’articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, che vieta il “trattamento inumano e degradante“. Il 4 luglio scorso c’era stata una rivolta proprio nel carcere fiorentino di Sollicciano, seguita da quelle negli istituti di Viterbo, Trento, Vercelli e Brissogne: quattro proteste violente nell’ultima settimana, con materassi bruciati, devastazioni e alcuni agenti feriti. A Trieste il giorno successivo alla rivolta un detenuto è morto per overdose, dopo il saccheggio dell’infermeria, dalla quale erano stati portati via grossi quantitativi di metadone. Il segretario generale del sindacato di polizia penitenziaria (Spp), Aldo Di Giacomo, ha invece annunciato il cinquantottesimo suicidio di un recluso nel carcere di Verona, il sesto in un anno nello stesso penitenziario. “È una ecatombe senza interruzione. Oramai siamo destinati ad assistere inermi a morte e violenze”, ha commentato il sindacalista. Numeri in aumento che rischiano di far diventare il 2024 l’anno record per i suicidi nei penitenziari italiani.

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