Una sentenza della Corte di Cassazione sugli autovelox potrebbe innescare un effetto domino in Veneto, ma non solo e portare all’annullamento di migliaia di sanzioni. Le multe per eccesso di velocità rilevate sulle strade italiane attraverso apparecchiature uguali a quelle adottate dal Comune di Treviso sulla strada regionale n.53, meglio nota come “Tangenziale”, potrebbero infatti essere annullate.

I motivi – Le ragioni? La Suprema corte ha accolto, nei giorni scorsi, l’impugnazione di un avvocato di Treviso che, da automobilista, aveva ricevuto una sanzione per aver viaggiato a 97 chilometri orari dove il limite è di 90. L’autovelox, infatti, era sì “approvato”, ma non “omologato”. Un precedente legale che ora potrebbe estendersi anche ad altri casi e mettere seriamente in crisi le casse dei comuni.

Le motivazioni della Suprema Corte risiedono nel fatto che le apparecchiature autorizzate dal ministero delle Infrastrutture non sono state sottoposte dallo stesso Governo ad una verifica tecnica più puntuale necessaria alla loro omologazione. In altre parole, l’apparecchio trevigiano risultava “approvato”, ma non “omologato”. Vi è quindi in sostanza un vuoto normativo che, in assenza di correzioni, potrebbe mettere al riparo d’ora in poi da conseguenze pecuniarie gli automobilisti colti dagli autovelox per ora giudicati non regolamentari.

Come nasce il caso – L’iniziativa del ricorrente era stata assunta anche alla luce di un contenzioso nato due anni fa tra il giudice di pace, al quale si era rivolto un precedente guidatore multato, e la magistratura ordinaria, nel corso del cui svolgimento si erano ottenuti pronunciamenti contrapposti.

Per quanto riguarda le finanze pubbliche del Veneto, mediamente le sanzioni per violazioni al codice della strada valgono circa 50 milioni l’anno e sono per un terzo addebitabili al superamento dei limiti di velocità riscontrato dalle apparecchiature elettroniche. La quota normalmente riscossa dal Comune di Treviso sarebbe di poco inferiore ai 4 milioni.

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