Il governo Draghi l’aveva lasciata nel cassetto, nonostante l’ex premier avesse promesso un intervento per giustificare il varo di un condono sulle cartelle fino a 5mila euro. Ora l’attesa riforma della riscossione approda in consiglio dei ministri sotto forma di decreto attuativo della delega fiscale affidata al viceministro Maurizio Leo. Nel frattempo, a dispetto della nuova rottamazione voluta da Matteo Salvini, il magazzino fiscale accumulato dopo il 2000 si è gonfiato di ulteriori 100 miliardi, arrivando a superare quota 1.200 suddivisi in 163 milioni di cartelle e avvisi che fanno capo a oltre 22 milioni di contribuenti. Tra cui 19 milioni di persone fisiche.

La partita è cruciale. Oggi il sistema di recupero delle cifre non pagate spontaneamente è del tutto inefficace. Dopo 10 anni dall’iscrizione a ruolo, su 100 euro attesi ne vengono incassati meno di 15. Se per i debiti sotto i 100mila euro il tasso di riscossione si ferma al 18%, oltre quella cifra è infinitesimale: 3%. Risultato: stando all’ultima audizione del direttore di Entrate e Riscossione, Ernesto Maria Ruffini, al momento solo l’8% del magazzino (101 miliardi) ha qualche chance di trasformarsi in moneta sonante nelle casse dell’erario. Il resto va perso perché i debitori muoiono o si dichiarano nullatenenti, le imprese chiudono o falliscono, le azioni esecutive finiscono con un nulla di fatto (vedi tabella).

L’esecutivo, stando alla bozza portata in cdm, ha deciso di intervenire in due step. Per il futuro si procederà come da tempo chiede l’Agenzia delle Entrate: le somme che AdeR non è riuscita a incassare e che non sono oggetto di azioni esecutive o rateizzazioni saranno automaticamente dichiarate inesigibili cinque anni dopo il loro affidamento e restituite al creditore (agenzie fiscali, ministeri, Inps, Inail, Comuni). Una strategia che la Corte dei Conti aveva bocciato, perché equivale ad ammettere la rinuncia a una parte del dovuto dando il messaggio che tanto vale non pagare. In parallelo, chi documenta di essere in “temporanea situazione di obiettiva difficoltà” potrà ottenere rateizzazioni lunghissime: fino a 120 rate mensili se deve oltre 120mila euro. Per debiti inferiori l’aumento delle rate, oggi al massimo 72, sarà progressivo: un minimo di 85 per le richieste presentate nel 2025 e 2026, 97 nel 2027 e 2028, da 109 dal primo gennaio 2029.

Nel frattempo, però, la riscossione dovrebbe essere rafforzata. Da un lato l’Agenzia sarà tenuta a notificare “tempestivamente” le cartelle, non oltre nove mesi dopo l’affidamento del carico, dall’altro dovrebbe avere accesso ai dati sulle somme presenti sui conti correnti, propedeutico a pignoramenti mirati e non più “buio”. Il condizionale è d’obbligo visto che la norma è stata inserita non senza polemiche in legge di Bilancio ma manca ancora il decreto attuativo del ministero dell’Economia, subordinato a un’interlocuzione con il Garante della privacy. Gli addetti ai lavori, peraltro, avvertono che questa novità non cambierà di una virgola il modus operandi di chi opera attraverso prestanome e preordina la propria insolvenza per lasciare a bocca asciutta il fisco.

La patata bollente del pregresso, invece, finirà in mano a una commissione nominata del Mef e composta da un rappresentante della Corte dei conti, uno del dipartimento delle Finanze e un uomo della Ragioneria generale dello Stato. Che dovranno analizzare il magazzino e proporre al titolare dell’Economia una via per arrivare al discarico totale o parziale dei ruoli, obiettivo da raggiungere entro il 31 dicembre 2025 per quelli affidati dal 2000 al 2010 (che sono quasi il 30%), entro fine 2027 per quelli risalenti al 2011-2017 ed entro fine 2031 per le pendenze datate 2018-2024. Nulla di male se si farà un’istruttoria approfondita, utilizzando tutte le banche dati a disposizione e tenendo conto di redditi e patrimonio del contribuente, in modo da stralciare solo le posizioni davvero inesigibili. Che – lamenta Ruffini – la normativa attuale impone invece di salvare in ogni caso dalla prescrizione per mantenere un teorico diritto al recupero. Discorso diverso se si farà tabula rasa, concedendo di fatto una nuova sanatoria.

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