Dal 24 giugno 2019, data di assegnazione all’Italia delle Olimpiadi invernali 2026, sono trascorsi 1.701 giorni. Da oggi al 6 febbraio 2026, quando cominceranno i Giochi Milano Cortina, di giorni ne mancano soltanto 718. Ed è proprio il 19 febbraio 2024, che si aprono i cantieri per costruire la contestatissima pista da bob di Cortina d’Ampezzo. In mezzo un vuoto di quasi quattro anni, nel corso dei quali non è stato battuto nemmeno un chiodo e a crescere sono state solo le contestazioni e le parole dei politici. All’inizio dichiarazioni rassicuranti (“Ce la faremo”), poi sempre più preoccupate (“Siamo in ritardo, adesso pancia a terra”), quindi lacerate e divise tra la volontà della Lega (il vicepremier, nonché ministro Matteo Salvini e il governatore veneto Luca Zaia) di realizzare la pista “Eugenio Monti” a Cortina e quella di Forza Italia (il vicepremier, nonché ministro Antonio Tajani) di recuperare l’impianto di Cesana Pariol usato per le Olimpiadi Torino 2006. In mezzo, il partito di Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia, con il ministro allo sport Andrea Abodi intenzionato a tenere in Italia le gare di bob, skeleton e slittino, non foss’altro che per orgoglio nazionale e per evitare una figuraccia planetaria.

I mille giorni perduti, si sono ingoiati il commissario straordinario di Infrastrutture Milano Cortina (Simico), l’ingegnere Luigivalerio Sant’Andrea, appena fatto fuori dal ministro Salvini che al suo posto ha collocato il fedele Fabio Massimo Saldini. Il progetto della pista è stato cambiato almeno cinque volte, spendendo già milioni di euro, inoltre due gare d’appalto sono andate a vuoto, finché Salvini ha avuto la genialata di proporre una pista-light, ridotta all’osso. Così, intravedendo qualche margine di guadagno, si è fatta avanti una sola azienda, la Pizzarotti di Parma che a inizio anno ha vinto un appalto-lampo. Ha firmato il contratto ed è pronta a partire con i lavori e con un’impresa impossibile. Deve concludere entro marzo 2025 la parte strutturale, così da permettere il pre-collaudo dell’impianto alla fine della stagione fredda del prossimo anno. Se non ce la dovesse fare, il Comitato Olimpico Internazionale farà disputare le gare all’estero e l’Italia si troverebbe con una pista incompleta e inutile ai fini olimpici. In pratica, 124 milioni di euro (tale è il costo reale) gettati per poche decine di appassionati le cui attività non sono state sufficienti a tenere in attività la pista di Torino 2006.

Per contestare il rischio di una nuova “cattedrale nel deserto” in montagna, si sono dati appuntamento a Cortina per la mattina del 19 febbraio numerosi gruppi di ambientalisti. Pizzarotti, Simico e il Comune hanno però giocato d’anticipo. Domenica 18 hanno provveduto a recintare l’area di quattro ettari e mezzo dell’area di Ronco, ai piedi delle Tofane. Divieto di accesso per tutti e cartelli stradali che vietano la sosta o il parcheggio delle auto, pena la rimozione. Ad attendere gli ambientalisti ci sarà un vasto spiegamento di forze dell’ordine. Eppure i gruppi non demordono e annunciano una manifestazione pacifica, senza però negare che la creatività si potrà manifestare in diversi modi, a cominciare dall’incatenamento ai tronchi dei 500 larici che dovranno essere abbattuti per far posto al cantiere. Annunciata la presenza di diversi gruppi: il Cai, Mountain Wilderness, Italia Nostra, Climate Venice Group, Extinction Rebellion, Ultima Generazione, Friday for future, Pfas.land, Le Voci di Cortina, Cortina Bene Comune e Peraltrestrade.

Intanto il procuratore della Repubblica di Belluno, Paolo Luca, ha aperto un paio di fascicoli d’inchiesta, per il momento contro ignoti. Ha raccolto gli esposti di alcune associazioni e sta verificando se esistano illeciti in merito alla presenza delle autorizzazioni della Sovrintendenza ai Beni ambientali, all’avvenuta bonifica bellica dell’area dei lavori e all’esistenza dei permessi per il disboscamento a Ronco. Il taglio degli alberi è stato affidato alla società di Luca Ghedina, fratello di Kristian, il campione di sci. Alleanza Verdi e Sinistra ha chiesto il sequestro del bosco, per impedire danni irreversibili all’ambiente. Quando il 20 febbraio arriveranno a Cortina i rappresentanti del Comitato Olimpico Internazionale per verificare lo stato di avanzamento delle opere, si troveranno di fronte a un cantiere vuoto, limitato a una semplice recinzione in plastica.

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