Ora che Jannik Sinner è arrivato dove nessun italiano era riuscito mai a spingersi, desideroso di accorciare i tempi così tanto da prendersi subito il terzo posto del ranking mondiale, c’è una domanda che resta senza risposta: come si ferma il ragazzo di Sesto Pusteria? Se è capace di vincere un torneo Atp 500 anche in una settimana complicata, ora toccandosi il gomito e ora soffiandosi il naso, sotto pressione al primo appuntamento post Slam, attaccato ma non domato da vecchi volponi come Gael Monfils e Milos Raonic, disturbato perfino da uno di cui è la personale kriptnonite come Alex de Minaur, insomma se è capace di vincere anche in una settimana che è stata tutto fuorché semplice, come si batte Jannik Sinner?

Inizia a essere lecito chiederselo, adesso che ha scavalcato Daniil Medvedev e i singhiozzi di Carlos Alcaraz accorciano in linea teorica il tentativo di assalto allo spot numero 2 del ranking mondiale. Va da sé: prima o poi accadrà e Jannik lo sa meglio di chiunque altro. Però, ecco, se c’era un appuntamento in cui il castello rischiava di crollare era proprio quello di Rotterdam, ma siccome Sinner lo ha tirato su di roccia e non di carta, ha resistito anche a qualche acciacco fisico e al primo round con il nuovo status di “nemico pubblico numero 1” che vuol dire incontrare avversari esaltati dal desiderio di spodestarti dal trono. “Ehi, Jan, ce l’ho fatta io”.

La vittoria di Rotterdam vale forse più per questo che per il sorpasso al russo. Perché certifica quanto il percorso dell’altoatesino sia stato pianificato nei minimi dettagli, sapendo quale sarebbe stata la prossima difficoltà. E quindi tutto sia stato preparato per disinnescarla. Il resto, va da sé, lo fa il talento e quel bagaglio di colpi che appare sempre più ampio e robusto. Del resto, le vittorie aiutano a crescere e il tachimetro di Sinner segna 15 di fila, 25 negli ultimi 26 incontri e allargando ancora 32 degli ultimi 34. Successi arrivati anche in maniera diversa, lì in Olanda anche in maniera a volte più tortuosa del previsto.

Per dire: Alex de Minaur si è presentato davanti all’azzurro tirato a lucido, nonostante i precedenti raccontino quanto il suo modo di giocare sia l’acqua cheta di Sinner che è sceso in campo a Rotterdam con un ruolino di 6-vittorie-a-zero su altrettanti faccia a faccia. Spesso, oltretutto, senza storia. Così l’australiano ha sfoderato tutto quello che aveva, arrivando a ruggire e provando a fare la partita. Una finale ad altissimi giri. Il risultato? Frustante, in pratica. Perché Sinner si è preso un break di vantaggio nel mezzo del primo set, ha sbagliato 4 set point per il 6-4 e ha finito per concedere il break nello stesso game. Quindi la zampata del campione: controbreak e set in ghiacciaia.

Un’ora abbondante di battaglia, proseguita anche nel secondo set che si trasforma in una maionese impazzita. Tra il quinto e il settimo game va in scena il break di Sinner, il controbreak dell’australiano e il contro-controbreak dell’azzurro. Tutto bello, difficile e spettacolare. È la tempesta perfetta che il numero 3 al mondo deve attraversare perché quello che – lo ha detto lui – è “solo un numero” si trasformi da virtuale in reale. E tutto va come deve andare, finendo 7-5 6-4. Il miglior De Minaur mai visto contro Sinner eppure sconfitto 2 set a zero è la fotografia di quanto si dovrà faticare, fuori dal club dei migliori 4 al mondo, per mettere sotto perfino il Sinner più imperfetto e cancellare quell’aurea di imbattibile che ormai lo precede.

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