È un racconto dell’orrore quello fatto dalla ragazza di 17 anni che, per sua stessa confessione, ha partecipato, al fianco del padre Giovanni Barreca, di 54 anni, e di una coppia palermitana, Sabrina Fina e MassimoCarandente, alla tortura e all’uccisione della madre, Antonella Salamone, e dei suoi due fratelli, Kevin di 16 anni ed Emanuel di 5 anni.

Alcuni dettagli di quanto accaduto nella villetta di Altavilla Milicia sono stati resi noti negli ultimi giorni, come il coinvolgimento, appunto, della giovane, che, dice, “rifarebbe tutto”, e che non ha ceduto neanche di fronte alle suppliche della madre che l’ha pregata di chiamare i carabinieri.

Come ricostruito da Repubblica, però, di fronte alla procuratrice di minori, Claudia Caramanna, la 17enne ha rivelato altri dettagli degli ultimi terribili giorni all’interno dell’abitazione diventata teatro della strage. La madre, ha raccontato, “ha conosciuto a inizio febbraio Massimo Carandente e Sabrina Fina. Fin da subito dicevano che in casa c’erano troppi demoni“. Da qui le torture, compresa quella di un digiuno imposto alla donna: “Hanno iniziato a interrogarla, chiedendole chi fosse e cosa volesse. Le davano schiaffi e papà li aiutava”. “Poi sono passati a torturarla con una pentola – ha detto ancora la 17enne – E volevano che lo facessi pure io, ma all’inizio mi sono rifiutata e l’ho colpita solo con un guanto di plastica”.

Il ruolo della 17enne è stato attivo non solo in casa, ma anche fuori, quando il gruppo, Barreca e la coppia palermitana, ha cercato di occultare il cadavere di Salamone. “L’abbiamo avvolto in una coperta – ha raccontato la figlia della vittima – e messo sopra un legno, poi quel che è rimasto l’abbiamo seppellito”. Carandente e Fina, poi, stando al racconto della ragazza, avrebbero anche “raccomandato” al padre “di chiamare la polizia e di accusarmi di tutto“.

I sospetti e le sevizie, all’inizio, hanno interessato anche la ragazza. I due santoni siciliani, infatti, erano convinti che pure lei fosse “vittima di una maledizione da parte della mamma e della nonna”. “Mi hanno fatto bere molto caffè e mi hanno fatta vomitare, ero convinta di aver vomitato i capelli di mia madre, che da piccola mi picchiava, e della nonna”, è il racconto della 17enne, come riporta Repubblica. Insomma, anche lei, almeno all’inizio, doveva essere liberata dai demoni. Gli stessi che, ha insistito la 17enne, infestavano la casa. Poi, scrive Repubblica citando l’ordinanza di custodia cautelare, “la coppia ha chiesto alla giovane di partecipare attivamente alle torture per il bene della famiglia”.

Il racconto delle torture inflitte a Salamone e ai due figli maschi prima della morte, è agghiacciante. Dopo la pentola, la donna è stata ustionata con delle pinze da camino e con un phon rovente. Con lei, ricostruiscono i magistrati, anche il piccolo di 5 anni, costretto a bere latte e caffè amaro, “iniettato in bocca”, “tenuto fermo dall’indagata” e poi “legato al letto con l’aiuto del padre”.

Anche il figlio di 16 anni, Kevin, ha subìto torture. Lui è morto per ultimo e, ha detto la sorella di 17 anni, è stato “legato al collo con una catena arrugginita e dei cavi elettrici”. “Mi hanno detto di saltargli sulla pancia e l’ho fatto”, ha detto ancora. Poi, poco prima che il fratello morisse, ha mandato una foto di lui a una compagna. Infine “con papà abbiamo scritto alcune frasi religiose sui muri. Intanto pregavo con Massimo e Sabrina in arabo aramaico”.

L’ultimo ricordo della giovane è fermo lì, alla sera di sabato. Poi, ha raccontato agli inquirenti, si è spaventata perché cominciavano a fare domande anche a lei, così si è chiusa a chiave in stanza e si è addormentata finché non sono arrivati i carabinieri all’alba di domenica 11 febbraio.

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