Tre condanne in più, compresa quella dell’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo. Dopo l’assoluzione in primo grado di quasi tutti gli imputati, che scatenò la rabbia dei parenti delle 29 vittime, in appello è stata parzialmente riformata la sentenza per il disastro dell’hotel Rigopiano, travolto da una valanga il 18 gennaio 2017. La condanna di maggior rilievo è quella di Provolo, assolto in primo grado, al quale i giudici hanno inflitto 1 anno e otto mesi per falso ideologico e rifiuto di atti di ufficio. Sentenza ribaltata anche per Enrico Colangeli, tecnico comunale, e Leonardo Bianco, dirigente della Prefettura di Pescara, entrambi assolti in primo grado. Confermate in appello 22 assoluzioni.

La sentenza – Il verdetto della Corte d’appello dell’Aquila ha stabilito quindi un totale di 8 condanne per la strage nella quale morirono 29 persone tra dipendenti e ospiti dell’albergo di Farindola. I giudici hanno confermato le condanne inflitte in primo grado per il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, per i dirigenti della Provincia Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio, per il tecnico Giuseppe Gatto e per l’ex gestore dell’hotel Bruno Di Tommaso. Per l’ex capo di gabinetto della Prefettura Leonardo Bianco, la Corte ha disposto una condanna di un anno e 4 mesi mentre per il tecnico Colangeli la pena è di due anni e 8 mesi.

Le reazioni – “Una sentenza che ripaga, seppur in parte, la delusione di quella di primo grado. Certo, non ci sono vincitori né vinti, ma si intravede la luce della verità”, dice Alessandro Di Michelangelo, fratello di una vittima. “Ci aspettavamo di più. La condanna della Regione e della Provincia. Non penso che sia una cosa normale tirare dentro un tecnico comunale e l’ex prefetto per depistaggio. Andavano condannati altri personaggi. Se oggi avessero preso tutti l’ergastolo a me non cambiava nulla. Potevo guardare la foto di mio figlio e dire ho fatto il mio dovere per darti giustizia”, dichiara Alessio Feniello, padre di Stefano, il giovane di 28 anni morto nell’hotel. Stesso tenore il commento di Egidio Bonifazi, padre di Emanuele, 31enne addetto alla reception dell’hotel Rigopiano, una delle 29 vittime. “Tutte le allerte valanga sono state ignorate. Con questa sentenza muore la prevenzione in Italia – ha aggiunto – Che la facciamo a fare? Ho provato molta confusione. Non hanno reso giustizia. Sono molto amareggiato perché non sono stati puniti i maggiori responsabili”. La sentenza “si rispetta come quella di primo grado”, il commento dell’avvocato Sergio Della Rocca, legale di Provolo, confermando l’assoluzione per depistaggio e omicidio.

La storia del processo – Il collegio dei giudici presieduto da Aldo Manfredi doveva decidere decidere sui ricorsi presentati: primo fra tutti quello della procura di Pescara, contro l’assoluzione per 25 dei 30 imputati. In primo grado furono condannati il sindaco di Farindola Lacchetta (due anni e otto mesi); i dirigenti della Provincia di Pescara D’Incecco e Di Blasio (tre anni e quattro mesi ciascuno); sei mesi ciascuno per l’ex gestore Di Tommaso ed il geometra Giuseppe Gatto. In quella occasione l’accusa di disastro colposo cadde per molti dei principali imputati, tra i quali l’ex prefetto, per il quale il pool della procura coordinato dal procuratore capo Giuseppe Bellelli e composto dai sostituti procuratori Anna Benigni e Andrea Papalia, aveva chiesto 12 anni; l’ex presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco, per il quale erano stati chiesti sei anni. Erano stati assolti anche tecnici e dirigenti regionali in uno scenario, secondo l’articolato impianto accusatorio, di diffuse responsabilità su vari fronti, dai permessi di costruzione dell’albergo, alla gestione dell’emergenza di quei giorni drammatici sul fronte delle condizioni atmosferiche, alla gestione dei soccorsi, fino ad una presunta vicenda di depistaggio in merito alla telefonata di Gabriele D’Angelo, dipendente dell’albergo e una delle vittime, che aveva allertato la Prefettura sulla situazione di pericolo, fatta sparire.

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