Martedì pomeriggio, interno Senato. I capigruppo di maggioranza stanno discutendo della riforma costituzionale del premierato: devono trovare un accordo sugli emendamenti preparati da Palazzo Chigi e presentati in riunione dal presidente della commissione Affari Costituzionali Alberto Balboni di Fratelli d’Italia. I meloniani vorrebbero il tetto ai due mandati per il premier eletto direttamente, un meccanismo anche se attenuato di simul stabunt simul cadent (se il presidente del Consiglio viene sfiduciato si va al voto) e l’eliminazione del premio di maggioranza del 55% introdotto in Costituzione. È il capogruppo della Lega Massimiliano Romeo a opporsi su quasi tutto: vuole mantenere l’ipotesi del secondo premier ed è contrario anche al tetto dei due mandati perché automaticamente farebbe saltare l’ipotesi del terzo per i Presidenti di Regione.

Ma a un certo punto della riunione è la ministra delle riforme Maria Elisabetta Alberti Casellati a sorprendere tutti. Non è stata consultata da Palazzo Chigi nella redazione degli emendamenti. Così quando si entra nel vivo dell’articolo 3 del disegno di legge su come viene eletto il premier, la responsabile del dossier di Forza Italia fa una proposta: va bene togliere l’indicazione del premio di maggioranza dalla Costituzione ma perché non introdurre nella Carta anche un ballottaggio tra i due premier più votati? La proposta spiazza tutti. Il centrodestra è contrario al ballottaggio perché storicamente ha sempre favorito le forze di centrosinistra che, al secondo turno, si mettono insieme per stoppare i candidati di destra. Lo stesso meccanismo che negli ultimi anni ha favorito il centrosinistra nei comuni.

Casellati è convinta, ma i capigruppo di maggioranza Massimiliano Romeo (Lega) e anche del suo partito Maurizio Gasparri (Forza Italia) la fermano. Il più duro è proprio Gasparri: “Vuoi vedere vincere la sinistra e governare per i prossimi venti anni?”, è il duro attacco del capogruppo di Forza Italia nei confronti della ministra Casellati. Anche Romeo è sulla stessa linea: “In questo modo si dà un vantaggio all’opposizione che è molto debole”. La titolare delle Riforme resta impassibile.

Il muro della maggioranza fa cadere la proposta. Casellati deve fare un passo indietro e rinunciare al ballottaggio. Alla fine, viene tolto ogni riferimento al premio di maggioranza del 55% ma rimane quello alla maggioranza assoluta di cui potrà usufruire il presidente del Consiglio eletto. Anche la soglia minima viene cancellata proprio perché avrebbe portato a proporre il ballottaggio nella legge elettorale. L’idea di Casellati sconfessata dalla sua stessa maggioranza.

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