Ci risiamo. La Corte costituzionale, che con una sentenza storica il 25 settembre 2019 stabilì che non è punibile chi in determinate condizioni aiuta chi vuole morire, è richiamata ad esprimersi ancora una volta sulla costituzionalità del reato di aiuto al suicidio. Dopo quel verdetto, che fissò quattro criteri disegnando un perimetro in cui era possibile che malati terminali potessero ricorrere al fine vita, il Parlamento non ha fatto nulla intervenire sulla materia. Un immobilismo che porterà quindi un caso di suicidio assistito nuovamente al vaglio dei giudici costituzionalisti e nuovamente Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Coscioni che da anni si batte per la libertà di scelta.

Gli articoli della Costituzione – L’eccezione riguarda ancora l’articolo 580 del codice penale dove richiede che la non punibilità di chi agevola il suicidio sia subordinata anche alla condizione dell’essere “tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale”, per contrasto con gli articoli 2, 3, 13, 32, 117 della Costituzione. A rimettere la questione alla Consulta è stato il giudice per le indagini preliminari di Firenze per l’inchiesta su Marco Cappato, Felicetta Maltese e Chiara Lalli: nel 2022 aiutarono Massimiliano, malato di sclerosi multipla, a andare in Svizzera dove morì col suicidio assistito. I tre ai autodenunciarono il 9 dicembre del 2022. Per la prima volta davanti ai carabinieri si presentarono in tre. Le due donne, una giornalista e un’attivista, avevano accompagnato l’uomo in una clinica in Svizzera. Massimiliano aveva lasciato un video messaggio.

Il caso di Massimiliano – L’uomo, 44 anni, di San Vincenzo (Livorno), morì l’8 dicembre 2022 in una clinica vicino a Zurigo, tre giorni dopo aver diffuso l’appello, tramite l’associazione Coscioni, in cui spiegava di soffrire da 6 anni “di una sclerosi multipla che mi ha già paralizzato” e di voler “essere aiutato a morire senza soffrire in Italia, ma non posso, perché non dipendo da trattamenti vitali”, una delle quattro condizioni fissate nella sentenza della Consulta sul caso di dj Fabo: per la Corte Costituzionale il suicidio assistito è legale quando la persona malata ha una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale.

“Sono quasi completamente paralizzato e faccio fatica anche a parlare. Da un paio di anni siccome non ce la faccio più, questo corpo è guasto, non ce la fa più così ho iniziato a documentarmi su internet su metodi di suicidio indolore. E finalmente ho raggiunto il mio sogno. Peccato che non l’ho raggiunto in Italia, ma mi tocca andare all’estero. E questa è una cosa un po’ bruttina” diceva nel messaggio Massimiliano. Ad accompagnarlo in Svizzera Maltese, attivista della campagna Eutanasia Legale e la giornalista Lalli. Entrambe dopo si autodenunciarono ai carabinieri di Firenze con Marco Cappato -, tesoriere dell’associazione Coscioni e legale rappresentante dell’Associazione Soccorso civile che aveva organizzato e finanziato il viaggio di Massimiliano -, “per aver aiutato a ottenere la morte volontaria una persona priva del requisito inteso in senso restrittivo del ‘trattamento di sostegno vitale’.

Procura e giudice – La procura fiorentina, a ottobre scorso, ha chiesto l’archiviazione dell’accusa: l’aiuto fornito non era stato “penalmente rilevante“, non ritenendo invece che il caso rientrasse nelle condizioni previste dalla Consulta. In subordine la procura chiedeva fosse sollevata la questione di costituzionalità del requisito del sostegno vitale per violazione degli articoli 3, 13 e 32 della Costituzione: “Discrimina irragionevolmente tra situazioni per il resto identiche”, e “discende da circostanze del tutto accidentali”, “senza che tale differenza rifletta un bisogno di protezione più accentuato”.

L’udienza per la richiesta di archiviazione si è tenuta il 23 novembre e pochi giorni fa, il 17 gennaio, la giudice per le indagini preliminari, Agnese De Girolamo, ha emesso la sua ordinanza. L’associazione Coscioni riferisce che la gip ha respinto la richiesta di archiviazione perché “sussistono tutti gli elementi costitutivi del titolo di reato”. Ma ha “dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale”, rimettendola alla Consulta, “per contrasto con gli artt. 2, 3, 13, 32 e 117 Cost., quest’ultimo in riferimento agli artt. 8 e 14 della Convenzione Edu”.

“L’associazione Coscioni: “Dipendenza dai trattamenti requisito discriminatorio” – “Dopo il caso Dj Fabo, concluso con la storica sentenza della Consulta 242 del 2019 ‘Cappato Antoniani’ che attualmente norma il tema della morte volontaria assistita in Italia, la Corte costituzionale è chiamata a esprimersi nuovamente sulla costituzionalità dell’articolo 580 del codice penale nella versione vigente a seguito della decisione del 2019, assunta sulla base delle specifiche condizioni di salute di Fabiano Antoniani, che era effettivamente dipendente dalla respirazione artificiale e dall’assistenza continuativa. Il requisito della dipendenza da trattamenti di sostegno vitale – commenta Filomena Gallo, segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, difensore e coordinatrice del collegio legale di studio e difesa – non è previsto in nessuna norma straniera sul fine vita, ed è un requisito discriminatorio se interpretato in senso restrittivo, in quanto non incide sulla capacità di prendere decisioni, sulla irreversibilità della malattia, né sulle sofferenze intollerabili. I giudici della Consulta con questo nuovo dubbio di costituzionalità sollevato sono chiamati a decidere dinanzi alla realtà di una delle tante persone malate che hanno una condizione diversa da quella che era di Fabiano Antoniani, pur essendo affetti da malattie irreversibili che producono sofferenze intollerabili e che nella completa capacità di autodeterminarsi scelgono convintamente di accedere alla morte volontaria. Siamo fiduciosi nel lavoro della Corte costituzionale”.

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