È lecito l’aiuto al suicidio nei casi come quelli del Dj Fabo. Con una sentenza storica, la Corte Costituzionale ha ritenuto non punibile ai sensi dell’articolo 580 del codice penale, a determinate condizioni, “chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”. Non solo. In attesa di un “indispensabile intervento del legislatore”, la Consulta ha “subordinato la non punibilità al rispetto delle modalità previste dalla normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua (articoli 1 e 2 della legge 219/2017) e alla verifica sia delle condizioni richieste che delle modalità di esecuzione da parte di una struttura pubblica del Ssn, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente”. La Corte ha sottolineato inoltre che “l’individuazione di queste specifiche condizioni e modalità procedimentali, desunte da norme già presenti nell’ordinamento, si è resa necessaria per evitare rischi di abuso nei confronti di persone specialmente vulnerabili, come già sottolineato nell’ordinanza 207 del 2018. Rispetto alle condotte già realizzate, il giudice valuterà la sussistenza di condizioni sostanzialmente equivalenti a quelle indicate”.
Marco Cappato: “È una vittoria della disobbedienza civile, mentre i partiti giravano la testa dall’altra parte”
Non si è fatta attendere la reazione di Marco Cappato, che nel 2017 portò in Svizzera Fabiano Antoniani, Dj Fabo, che gli chiese di essere aiutato a morire (il 27 febbraio 2017) dopo essere rimasto cieco e tetraplegico per un incidente d’auto del 2014. Cappato è accusato di istigazione al suicidio e attende da un anno la sentenza del giudice penale. Il processo a suo carico era stato sospeso in attesa della sentenza. Che è arrivata oggi. “La Consulta ha deciso – ha scritto Cappato su Twitter – Chi è nella condizioni di Fabo ha diritto a essere aiutato. Da oggi siamo tutti più liberi, anche chi non è d’accordo. È una vittoria della disobbedienza civile, mentre i partiti giravano la testa dall’altra parte”. Soddisfatta anche Valeria Imbrogno, la compagna di Dj Fabo: “Accolgo questo atteso pronunciamento con soddisfazione. Dà ragione ad una battaglia di libertà che io e Fabiano abbiamo iniziato anni fa insieme. Fa sentire un po’ meno il peso di tutta quella sofferenza che ha passato – ha aggiunto – È senz’altro una risposta positiva. Oggi è un bel giorno“.
Le reazioni, da Beppino Englaro a Mina Welby
“Marco Cappato si è esposto, ha avuto coraggio ed è stato un pioniere e quindi merita di essere ringraziato. Tutte le persone che si trovano nelle condizioni simili a quelle in cui era Dj Fabo gli devono un grande grazie”. Le parole sono di Beppino Englaro, il padre di Eluana, il quale si augura che “adesso il parlamento legiferi secondo le indicazioni della Corte Costituzionale”. Mina Welby, moglie di Piergiorgio Welby, ha un punto di vista simile: “Sono molto felice che ora, dopo la sentenza della Consulta, finalmente potremo avere in Italia la possibilità di arrivare ad una legge per la libertà di decidere fino alla fine. È la conclusione vittoriosa della battaglia che mio marito Piergiorgio, fino a Dj Fabo, hanno avviato. Naturalmente – ha aggiunto – vanno anche applicate tutte le risorse che la legge prevede a tutela dei malati, ovvero legge per il biotestamento e la legge 38 per le terapie antidolore“. Oggi la Consulta, ha concluso, “ha dato una possibilità a quelle persone che non hanno più altra scelta se non di chiedere di poter morire, perché per loro non ci sono più cure possibili“. La decisione della Consulta è stata commentata anche dal procuratore aggiunto di Milano Tiziana Siciliano che aveva chiesto l’assoluzione per Marco Cappato, accusato di aiuto al suicidio per avere accompagnato Dj Fabo a morire in Svizzera nel 2017 o di eccepire l’incostituzionalità della norma: “È un passo molto importante – ha detto – C’è la soddisfazione per l’accoglimento di una sentenza, ma dispiace anche che in un anno non ci sia stata una risposta chiara del Parlamento, l’organo indicato dalla Corte come più idoneo a trattare questo tema così delicato”.
Già l’anno scorso la Consulta invitava il Parlamento a intervenire
L’ipotesi dell’introduzione normativa del suicidio medicalmente assistito, del resto, era stata prospettata già nell’ordinanza con cui l’anno scorso la Consulta invitava il Parlamento a intervenire, stabilendo delle coordinate precise come la irreversibilità della patologia, la sofferenza, la capacità di intendere e di volere e la necessità di un presidio per il sostegno vitale. Condizioni in cui, per esempio, si trovava Fabiano Antoniani. Sul punto la Consulta, ancora nell’ordinanza dell’anno scorso, aveva però individuatouna violazione del principio di uguaglianza. La legge 219 – quella successiva all’intervento della Cassazione dopo il caso Englaro – consente anche il rifiuto dei trattamenti di sostegno vitale e prevede in tal caso la possibilità, per il malato, di accedere alla sedazione palliativa profonda. La norma non prevede però a chi si trovi nelle condizioni di Dj Fabo una scelta ulteriore, che escluda la sedazione palliativa profonda in favore di un percorso volto ad accelerare la morte. Ed è per questo che, come ha spiegato la giurista Carmen Salazar a ilfattoquotidiano.it, secondo i giudici hanno individuato una “disparità di trattamento e la conseguente violazione del principio di uguaglianza”. “La Corte costituzionale – ha aggiunto l’avvocato Filomena Gallo, segretario dell’Associazione Luca Coscioni e coordinatore del collegio di difesa di Marco Cappato – apre la strada finalmente a una buona normativa per garantire a tutti il diritto di essere liberi fino alla fine, anche per chi non è attaccato a una macchina ma è affetto da patologie irreversibili e sofferenze insopportabili, come previsto dalla nostra proposta di legge di iniziativa popolare per l’eutanasia legale depositata alla Camera dei Deputati nel 2013. Mi auguro – ha detto ancora – che finalmente il Parlamento si faccia vivo. Noi andremo avanti, e invitiamo a unire le forze laiche e liberali in occasione del Congresso dell’Associazione Luca Coscioni dal 3 al 6 ottobre a Bari”.
La politica – Marcucci: “Ora basta perdere tempo”. Businarolo (M5s): “Si riparta in Parlamento”
“La Consulta fa chiarezza, ora il Parlamento deve fare presto”. Parola il capogruppo del Pd al Senato Andrea Marcucci, secondo cui “la sedazione palliativa profonda è l’unica sintesi possibile in questa legislatura. Il disegno di legge che presentai a novembre scorso insieme a Maria Antonietta Farina Coscioni – ha concluso – e firmato da un gruppo di senatori del Pd, risponde alla sentenza della Corte Costituzionale e può trovare una maggioranza di parlamentari disposti a votarlo. L’importante è che non si perda altro tempo”. Sulla stessa linea Francesca Businarolo, presidente della commissione Giustizia di Montecitorio, che, nel corso dell’esame della pdl popolare sul fine vita, si era pronunciata perché i gruppi lascino libertà di voto ai propri parlamentari: “Ora si riparta in parlamento – ha detto – Dopo la pronuncia della Consulta, e con la nuova maggioranza politica, spero davvero che troveremo la serenità per fare una legge equilibrata, rispettosa di tutti gli orientamenti culturali e che tenda una mano a chi si trovi nella drammatica condizione di decidere della propria vita“.
“Prendiamo atto con estremo favore della sentenza della Corte costituzionale, che non esitiamo a definire storica – hanno scritto in una nota i parlamentari del Movimento 5 Stelle – Spetta ora al legislatore dare seguito con coerenza alle indicazioni della Consulta. Riprenderemo al più presto l’iniziativa in Parlamento, ripartendo dal lavoro già fatto in questi mesi. Ci auguriamo – hanno aggiunto – che alla luce della pronuncia si possa tornare a discutere di un tema così importante, trovando questa volta la massima convergenza a prescindere dall’appartenenza politica, in linea con le indicazioni dei giudici. Questo significherà – hanno concluso – assolvere pienamente al nostro compito di legislatori, individuando una normativa organica della materia”. Cosi in una nota i parlamentari del Movimento 5 Stelle che hanno seguito i lavori sul fine vita.
Cei: “Sconcerto e preoccupazione, garantire obiezione di coscienza”
Chi non è d’accordo con la sentenza della Consulta è la Conferenza episcopale italiana. I vescovi, infatti, “esprimono il loro sconcerto e la loro distanza da quanto comunicato dalla Corte Costituzionale. La preoccupazione maggiore – scrivono in una nota – è relativa soprattutto alla spinta culturale implicita che può derivarne per i soggetti sofferenti a ritenere che chiedere di porre fine alla propria esistenza sia una scelta di dignità”. I vescovi, inoltre “confermano e rilanciano l’impegno di prossimità e di accompagnamento della Chiesa nei confronti di tutti i malati”. La Cei, inoltre, dopo la sentenza della Consulta si aspetta “che il passaggio parlamentare riconosca nel massimo grado possibile tali valori, anche tutelando gli operatori sanitari con la libertà di scelta“.
Aggiornamento alle ore 12.58 del 26 settembre 2019