di Michele Sanfilippo

Ho riflettuto molto prima di scrivere queste righe perché il rischio di essere fraintesi e di dare spazio alle idee di coloro che gettano fango su attività di volontariato o sulle ong è grande e non è mia intenzione correrlo dato che apprezzo moltissimo chiunque s’impegni personalmente per aiutare il prossimo. Ma non posso non parlare di quanto mi sembri ingiusto essere bombardato quotidianamente da spot pubblicitari che mi esortano a farmi carico di tutti i problemi del mondo come se fossero una mia responsabilità.

Faccio parte di una generazione che, per fare un esempio, ha sentito Jacques Rivette, critico e regista francese, giudicare disgustosa la carrellata in avanti che mostra il suicidio della protagonista del film Kapò, di Pontecorvo, accusandolo di aver voluto in questo modo spettacolarizzare la morte. Oggi, quindi, vedo un grosso problema di forma in tutti gli spot pubblicitari che vengono utilizzati per raccogliere fondi, per ogni genere di iniziativa. Differentemente da quanto accadeva non più di 10 o 15 anni fa, questi filmati mostrano volti e corpi di persone vere mentre c’è stato un tempo in cui questo era inammissibile, specialmente se i volti e i corpi appartenevano a bambini.

Ogni forma di pudore o di privacy è messa da parte. E lo capisco che questo rende il messaggio pubblicitario molto più potente ma continuo a pensare che non sia onesto.

Ma non è solo di forma che voglio parlare, sarebbe banale, ma anche, e soprattutto, di contenuti. Anche in questo caso probabilmente la mia età è determinante per il punto di vista che vorrei esporre. Sono cresciuto in un momento storico in cui i governi di quasi tutti i paesi europei destinavano una buona parte dei soldi pubblici alla sanità, alla scuola, alla ricerca. C’erano partiti, tra i più illuminati, che promettevano, se al governo, politiche di sussidio verso i paesi meno ricchi. Oggi, invece, per un egoistico tornaconto, finanziamo quei governi che riducono in povertà intere popolazioni che poi occorre soccorrere.

Ma che senso ha con una mano affamare una popolazione e con l’altra andare ad aiutarla? Aiutare i più deboli è sempre giusto ma dovremmo fare attenzione a rimuovere le cause primarie che determinano la loro debolezza. E qui entra in gioco anche la politica.

Parafrasando Crozza quando fa il “Mentana che vorrei”, la politica che vorrei si dovrebbe occupare di avere una visione di società in cui chi ha di più dovrebbe, attraverso un’adeguata politica fiscale, aiutare chi ha di meno. Che poi non è niente di più di quanto previsto dalla nostra Costituzione che, a parole, tutti difendono ma che nei fatti quasi tutti quelli che sono andati al potere negli ultimi anni cercano di picconare. A partire da Renzi.

Non dico che i privati non debbano contribuire a finanziare una qualsivoglia iniziativa. Dico che i servizi pubblici fondamentali dovrebbero avere un finanziamento pubblico certo, per dare continuità alle attività inerenti al loro esercizio.
Se poi arrivano finanziamenti anche dai privati, meglio.

Concludo quindi, dicendo che ciascuno di noi ha delle responsabilità personali alle quali non deve sfuggire ma che sono limitate dall’esigua capacità di incidere che può avere un comune mortale. Ben altro effetto può avere l’azione politica quando è guidata da principi in grado di convogliare i cittadini verso una direzione: nel bene o, purtroppo, come accade oggi, nel male.

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