La vittoria del fascista fanatico-religioso Milei, che la stampa benpensante chiama anarco-capitalista di estrema destra, ha sicuramente delle motivazioni e delle condizioni che sono legate alla profonda crisi economica dell’Argentina. Ma i suoi slogan e la sua campagna non sono estemporanei, anzi sono solo l’estremizzazione dell’ideologia e della politica economica che hanno dominato il mondo negli ultimi decenni, quelli della cosiddetta globalizzazione liberista. Basta con lo Stato in economia, bisogna privatizzare il privatizzabile, i servizi sociali pubblici sono solo un costo, l’assistenza ai poveri alimenta i fannulloni, i contratti collettivi distruggono il merito, l’eguaglianza è solo invidia sociale, il pagliaccio Milei urla oggi con sapiente istrioneria ciò che da anni, con linguaggio dotto ed educato, spiegano esperti economici, banchieri, ministri.

Certo, quando Milei afferma che Papa Francesco è figlio di Satana, o la sua vice sostiene le buone ragioni dei generali assassini della dittatura militare, è facile per un liberale prendere le distanze. Oppure quando fa sceneggiate contro ciò che lui chiama casta, è altrettanto semplice per un sostenitore di Ursula von der Leyen dire: visto dove porta il populismo? Ma la realtà è che la politica economica annunciata da Milei è solo la versione sfacciata e barbara di quella che domina da decenni nella Ue e in tanti paesi occidentali.

La demonizzazione del debito pubblico e la risposta all’inflazione con l’austerità hanno demolito lo stato sociale e le conquiste dei lavoratori, affermatesi per decenni dopo la vittoria sul fascismo nel 1945. Certo, si può sostenere che l’austerità sia tecnicamente neutra, anzi per un certo periodo è stata persino presentata come progressista, ma la realtà concreta, l’austerità reale, ci dicono che le politiche di rigore, di taglio dei bilanci pubblici, di riduzione della spesa sociale, hanno tutte costruito una maggiore ingiustizia sociale e hanno redistribuito la ricchezza dai più poveri ai più ricchi. Il liberismo è figlio diretto delle politiche di austerità e austerità e liberismo si muovono assieme nella distruzione delle conquiste sociali.

Spesso si dimentica che il primo stato cavia delle politiche liberiste oggi dominanti fu il Cile dopo il colpo di Stato fascista di Pinochet nel 1973. I due principali teorici del moderno liberismo, Friederich Von Hayek e Milton Friedman, appoggiarono il golpe di Pinochet e il suo regime, che privatizzò ogni servizio pubblico, smantellò contratti e diritti dei lavoratori, concesse enormi guadagni fiscali ai ricchi e alle multinazionali. Per Hayek e Friedman il liberismo economico estremo adottato da quel regime tirannico era comunque libertà, quella libertà economica che per i due economisti è la base di ogni libertà politica e può venire anche prima di essa. La libertà d’impresa per essi è la vera libertà.

Il cosiddetto anarco capitalismo di Milei, il suo odio per uno Stato che non sia militare o poliziotto, che quello lo apprezza eccome, in realtà è solo la forma spettacolare e mediatica dei trattati neoliberisti degli illustri premi Nobel degli anni Settanta del secolo scorso. Il neoliberismo è diventato politica economica con il colpo di stato di Pinochet e sistema mondiale sotto la spinta di Reagan negli Usa e di Thatcher in Gran Bretagna. Ma non è sempre stato un appannaggio delle destre.

A partire dagli anni Novanta del secolo scorso le principali forze di centrosinistra fecero propri gli assunti di fondo e anche l’ideologia liberista, pensando di governarle in senso compassionevole e vagamente progressista. Clinton, Blair, Prodi, la fantasia di un ulivo mondiale, cercarono tutti di coniugare liberismo in economia e progressismo sui diritti, con una sorta di esperimento social liberista. Quell’esperimento è completamente fallito, prima a causa della crisi della globalizzazione iniziata con i crolli bancari del 2007, poi con la terza guerra mondiale a pezzi, che sempre di più ha diviso l’Occidente dal resto del mondo.

Ora il liberismo economico si radicalizza e si restringe, diventa sempre di più il liberismo economico occidentale aggredito da tre quarti dell’umanità. Scompare la dimensione egemonica globalista e si torna alla difesa degli interessi del cortile di casa. A questo punto le sinistre social liberali diventano inutili, meglio ricorrere ai reazionari nazionalisti. Basta solo sostituire la “nazione” occidentale alla vecchia patria, ed il gioco è fatto. Dio Patria e Famiglia diventano il supporto morale alla libertà d’impresa.

Non si illudano i liberal-democratici, oggi la difesa del liberismo occidentale è sempre più affidata alle destre reazionarie, da Meloni a Millei, a Trump. Le fotocopie sbiadiscono e la destra originale trionfa. E più continuerà la guerra dell’Occidente al resto del mondo, più il fascismo occidentale crescerà. Il neo presidente Milei ha dichiarato che il primo atto in politica estera del suo governo sarà di far visita a Netanyahu per sostenerlo incondizionatamente. Tutto si tiene.

È vero che ci sono tanti intellettuali e politici liberisti che sono fermamente antifascisti. Ma la contraddizione è tutta loro. perché il liberismo è sempre di più la base economica del fascismo del ventunesimo secolo. E non si batte il secondo se non si mette in discussione il primo. Milei insegna.

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