È stata un’esperienza fantastica lavorare con mr. Omnia. Fa tutto, attore, regista, ha diretto teatri, produttore, pater familias, sei figli da tre donne diverse che confermano la sua fama di amateur. Conduttore televisivo, per un po’ ha frequentato il Parlamento nelle file del “Popolo delle Libertà”, eletto anche vicepresidente di qualche commissione, giusto per tenere le mani allenate in pasta e pasticcini che lievitano consensi. Non fa ancora il direttore d’orchestra ma si sta attrezzando anche per quello.

Intanto con bacchetta in mano dirige con piglio assolutistico i set dei film (prodotti principalmente con i soldi degli altri) come se fossero roba sua.

Adesso finalmente lo posso dire: Luca Barbareschi (che una certa ruvidità se la porta soltanto nel cognome) ha veramente lasciato un segno profondo di stima reciproca su di me e le altre. Non penserete mica a un Barba/trucco, come hanno protestato qualche mese fa alcune attrici davanti al Teatro Eliseo da lui diretto e adesso finito a gambe all’aria, pardon, in liquidazione.

Peccato non aver mai voluto fare l’attrice, Barbareschi sarebbe stato un grande maestro. O magari finivo a protestare con le “colleghe” davanti al teatro sbarrato con la gonna tirata all’insù e “triangolo di Venere” in mostra. Leggo testuale su La Repubblica: “Andrebbero denunciate per quando si sono presentate sedendo a gambe larghe. Non ho mai avuto bisogno di fare trucchi per scopare, ho detto: “Amore chiudi le gambe, interessante, ma ora parliamo di lavoro”. E’ successo anche questo.

The Palace, la brillante commedia satirica regia di Roman Polanski, coprodotto dalla Rai e dall’Eliseo di Barbareschi, quasi quattro settimane di programmazione nelle sale italiane, è adesso nei cinema di mezz’Europa dopo l’inaugurazione in pompa magna al Festival di Zurigo (dunque niente megafono di propaganda visto già il successo di botteghino e di critica).

Barbareschi sul set (dentro e fuori) è stato di non sorprendente squisitezza. Attenzioni plurime e parole garbate per tutte le comparse, attori e chi come me è capitato lì per caso. Polanski mi aveva scelto per una piccola parte (in gergo si dice secondo cast). Roman mi consegnò il copione, lo abbiamo letto insieme, mi ha insegnato le giuste pause. È stato il mio coach, uomo mite e delicato di modi. Paziente, indulgente (glielo avrà insegnato Barbareschi?).

I set, soprattutto quelli di co/produzione internazionale, sono una babele di idiomi: Roman si rivolgeva a ognuno di noi, nella lingua d’origine, passava dall’italiano, al francese, all’inglese, al polacco con sorprendente velocità. Vive i suoi 90 anni con il pensiero scattante, difficile stargli dietro.

Intanto Barbareschi l’adorateur mi lusingava su whatsapp: “quando ci baciamo un po’… prima o poi sfiorerò le tue dolci labbra…”. Che romantico! Roman compie 90 anni, gli porto una torta di compleanno a Gstaad, confezionata da un maitre patissier. Ma come oso non interpellare Barbareschi? Ecco la replica: “ti prendo a calci nel sedere…”. Forse trovava il cioccolato indigesto? Mentre il suo entourage digerisce ben altro.

Festival di Venezia: Vengo anche io? No, tu no! Prima sono stata invitata alla cena post prima di The Palace. Ho ricevuto l’invito, ho confermato. Il giorno prima sono stata cortesemente pregata di non andare. Non mi sono persa nulla. Anche Fanny Ardant ha dato forfait. Sono andata da Armani, sfilata indimenticabile all’Arsenale e concentrazione di celebrity. Mancava solo lui, faceva gli onori di merenda. Tutto ciò e altro hanno reso la mia partecipazione a The Palace, unica, irripetibile. Cioè da non ripetere mai più.

P.S. Se qualcuno incrocia Barbareschi nei corridoi della Rai, ricordategli, per favore, che ho firmato un contratto e aspetto ancora di essere pagata. Da devolvere ad Amleta, #apriamolestanzediBarbablù.

P.P.S. Spavento rientrato dopo il malore sul set di Filicudi. Hai la pellaccia dura e ben corazzata, mio caro!

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