Se qualcuno mi avesse detto farai un film con Roman Polanski, sarebbe stato come dirmi credi agli asini che volano. Piu’ facile opinare per la seconda. Invece è successo.
Premessa. Sono una fan viscerale dei film di Roman, li ho amati tutti,
L’enormità della tragedia dell’Olocausto (la sua famiglia fu deportata e non fece piu’ ritorno) non sarebbe stata comparabile all’atrocità dell’omicidio della sua prima moglie Sharon Tate incinta all’ottavo mese.
Tutto questo ha visto e sopportato Roman, il Dostoevskij del cinema, pochi come lui sanno scavare nell’abisso dell’animo umano. Lui che ha conosciuto l’inferno e lo ha raccontato in un film da Oscar come il Pianista.
Lo chalet di Roman in boiserie è defilato dal centro di Gstaad, direi che riflette un po’ il suo carattere: sobrio, essenziale, di uno che vuole vivere lontano dal clamore e dal glamour. Mi mette in mano il copione.

Leggo, anzi leggiamo insieme, il mio coach è stato proprio lui. Il maestro mi ha insegnato le pause. Una battuta me la faceva ripetere anche 27 volte (cosi’ è stato anche sul set). Il copione era in inglese, me lo faceva ripetere anche in italiano, lui lo mastica benissimo.
Solo lui poteva mettere in scena il Grande Sberleffo all’alta società che lo ha inseguito e riverito per una vita intera.
Lui si’ che se lo puo’ permettere. Arrivato a novant’anni ( ma la genialità non ha eta’) si è fatto una Grande Risata nel prendersi beffa del jet set in disfacimento fatto di riccanze e stravaganze, donne rifatte e straripanti che cercano di ingannare il tempo e uomini che cercano di comprarlo. Su tutto aleggia lo spettro Millenium Bag del Capodanno del 2000 al lussuosissimo hotel Palace che ha dato il nome al film

A un certo punto glielo devo dire: “Mi sa che devo rinunciare, perché non ho il seno rifatto”…“Tranquilla, ci pensa la costumista”, mi fa Roman.
Antefatto. L’anno prima con Roman avevo conosciuto Jerzy Skolimowski, polacco, amico di una vita, regista e sceneggiatore. Insieme firmarono il primo film di Roman “Il coltello sull’acqua”. Roman aveva appena 26 anni e fu candidato all’Oscar come miglior film straniero. Vabbè vinse Fellini con Otto e Mezzo. Che spasso vederli all’opera, fra gag e battute, a sfogliare album di foto di Brigitta Notz delle feste più glamour di Gstaad. Fra una Brigitte Bardot, un Aga Khan, Audrey Hepburn, Valentino, Julio Mario Santo Domingo, Romanoff e Savoia… c’ero pure io. Eccomi a inanellare ricordi e aneddoti da Dolce Vita ad alta quota. Da qui l’idea, credo, di volermi per un ruolo/cameo.

Ciack si gira. Insieme a me un piccolo cast napoletano, gli avevo mandato le foto di Daniela Sabella, una delle protagonista di Real house vives di Napoli, Carmine Arnone, Adele Sparaviglia, esperta di dermatologia (ha omaggiato Emmanuelle Seigner di un cofanetto di creme personalizzate), Antonella Esposito Gagliardi, l’avvocato di una delle madri di Caivano. Sono tra le invitate al Super Capodanno insieme a Carla Milesi di Gresy, doppio ruolo per lei, anche di coproduttrice associata di The Palace. “Ho voluto fare un omaggio al Grande Cinema”, chiosa. Roman ha scelto anche mia figlia Tiare von Meister nel ruolo di cameriera, in crestina e grembiule, del cinquestelle Il Palace. Lei è bionda ma le avevano pittato i capelli neri. Roman chiama la responsabile di trucco e parrucco. Classismo involontario: “Non esistono governanti bionde?”, chiede.

Ho diviso il set anche con Sydne Rome, che bel ritrovarsi è stato anche per lei e Roman che l’aveva diretta 50 anni prima nel film Che? con Marcello Mastroianni.
Miti a confronto. E io in mezzo a loro. Attrice per caso. Grazie Roman di essere cosi’ speciale.

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