Uccise a coltellate per strada la sorella e poche ore prima aveva minacciato l’omicidio in una telefonata con il padre. È stato condannato a 24 anni e sei mesi Alberto Scagni, l’uomo che ha attese sotto casa a Genova Quinto la sorella Alice. Era il primo maggio 2022 e l’uomo fu fermato poco dopo. La Corte d’assise, presieduta dal giudice Massimo Cusatti, lo ha ritenuto semi infermo di mente accogliendo le conclusioni di Elvezio Pirfo, il perito del giudice delle indagini preliminari, e dei sui legali Alberto Caselli Lapeschi e Mirko Bettoli. Il pubblico ministero Paola Crispo aveva chiesto la condanna all’ergastolo ritenendolo pienamente capace. Scagni è accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dalla parentela. I giudici hanno disposto anche la permanenza per almeno tre anni, dopo il carcere, in una Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza.

L’omicidio – Scagni uccise la sorella dopo avere aspettato per ore sotto casa di lei. Da mesi il fratello litigava con i parenti perché chiedeva continuamente soldi, come aveva fatto poche ore prima del delitto (ascolta l’audio). In poche settimane aveva speso il fondo pensione, di 15mila euro, che gli era stato accantonato dai genitori e aveva iniziato a perseguitare la nonna e i vicini di casa. Dopo l’omicidio i genitori hanno denunciato la dottoressa del centro di Salute mentale della Asl3 e gli agenti della centrale operativa che il primo maggio ricevettero le telefonate del padre del ragazzo ma non mandarono le volanti. La procura ha chiesto l’archiviazione per questo fascicolo ma i genitori, tramite l’avvocato Fabio Anselmo, si sono opposti e deve essere fissata una udienza per la discussione.

Le parti civili: “Non è stata cercata la verità” – Scagni aveva chiesto la parola prima che i giudici si ritirassero in camera di consiglio, ma ha iniziato a dire cose non attinenti al procedimento e il presidente della corte d’Assise lo ha fermato. Le sue dichiarazioni finali non hanno riguardato l’assassinio della sorella, ma l’imputato aveva iniziato a parlare di un post che aveva pubblicato anni fa sui social in cui accusava un vicino di molestie a ragazzine.

“Leggeremo le motivazioni e valuteremo cosa fare. Una parte di aggravanti sono state riconosciute. La cosa importante è che ci sia un lasso di tempo prima che lui torni in libertà per la sicurezza del bambino” ha detto Andrea Vernazza, l’avvocato di Gianluca Calzona, il marito della vittima. Il figlio della coppia ha poco più di due anni. Il giudice ha riconosciuto una provvisionale di 200mila euro al bambino e 100mila al papà.

“Non è stata ricercata la verità. Adesso guardiamo le motivazioni. Noi ragioniamo su quello che abbiamo visto e sentito nel processo e per noi non è stato un processo sano. Non siamo stati nemmeno ascoltati” hanno detto Antonella Zarri e Graziano Scagni, genitori di vittima e imputato. “Aspettiamo che sia perso? Che abbia 90 anni per curarlo? Ripeto, non è stato un processo sereno. Il pm che mi ha portato come testimone non mi ha nemmeno interrogato durante il processo perché aveva paura che parlassi delle mancanze delle istituzioni”.

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