C’è grande attesa e speranza a Napoli. Nicola Gratteri, tra qualche settimana forse già il 9 ottobre, s’insedierà nel suo nuovo ufficio giudiziario al Centro direzionale. Dovrà dirigere la procura più grande d’Italia, con 9 aggiunti e 102 sostituti e impegnata su molti fronti, primo fra tutti la lotta alla criminalità organizzata e alle camorre.

La sua nomina a capo della Procura di Napoli è una novità assoluta. Nella geografia del potere giudiziario, il capoluogo campano ha sempre rappresentato un avamposto e un fortino delle varie correnti che soffiano nella magistratura italiana. La sua nomina, infatti, ha spaccato il plenum generando una profonda frattura. C’era l’orientamento ampiamente condiviso che servisse una continuità di gestione nel segno del predecessore e attuale procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo. Le fiches erano puntate su Rosa Volpe, magistrato esperto e reggente per un anno e mezzo con il ruolo di facente funzione. L’esito delle votazioni è stato diverso, Gratteri l’ha spuntata.

Proprio il procuratore di Catanzaro, lo scorso giugno, nel corso delle audizioni dei candidati davanti alla V Commissione del Csm, aveva annunciato la volontà di adottare per Napoli il suo ‘modello Catanzaro’ e di rivedere gli orari di lavoro. Parole pronunciate da Gratteri, come sempre, senza infingimento e senza badare – come del resto è il personaggio – a mediazioni o premure che hanno suscitato e suscitano non pochi mal di pancia nell’ambiente giudiziario partenopeo.

Critiche che nel segreto delle chat stanno evocando un recente passato: luglio del 1993, quando divenne capo della Procura di Napoli, il procuratore di Palmi, Agostino Cordova. Un ‘mastino’ calabrese come Gratteri e allo stesso modo fissato con le indagini su mafia, massoneria, finanza e politica. Metodi rudi, assenza di mediazione, accentuato decisionismo: finì che mezza procura firmò un documento chiedendo il suo trasferimento, gli altri si astennero. Non sarà così per Gratteri, almeno si spera, anche se l’atmosfera nei palazzi giudiziari partenopei e non solo è di grande scetticismo.

Sul sito web di Magistratura democratica, la corrente di sinistra delle toghe, questa settimana fa è stato pubblicato un articolo “Le attese di Napoli” dove si evidenziavano non poche perplessità su Gratteri a capo di un ufficio così complesso. Ne resta traccia solo sul motore di ricerca google, infatti, consultando il sito compare laconica la scritta: ‘404 pagina non trovata’.

Insomma, che ci sia una certa agitazione e una diffidenza generalizzata, non è un segreto. Gratteri non è solo un magistrato dalla grande caratura al pari di servitori dello Stato e martiri come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, nel 1993 è sfuggito a tre attentati nel giro di tre settimane, ma anche un attento studioso e scrittore con una visione internazionale dei fenomeni criminali. Da anni insieme allo storico Antonio Nicaso indaga e spiega i meccanismi segreti del potere delle mafie e in particolare della ‘ndrangheta, analizzando i contesti criminali non estranei alla politica, alla finanza, al mondo dell’economia con una compromissione profonda della cosiddetta società civile, chiesa compresa. Libri e tante conferenze nelle scuole e nelle Università.

Per Gratteri parlano le sue inchieste. Basta citare ‘Rinascita Scott’, la maxinchiesta madre di tutte le altre. Numeri impressionanti, centinaia di imputati e condannati. A Catanzaro in sette anni ha guidato con tenacia una vera rivoluzione, mettendo a segno inchieste clamorose con arresti di mafiosi, colletti bianchi, funzionari dello Stato infedeli, politici e storici latitanti. L’impegno maggiore come spesso afferma è stato quello di organizzare il lavoro: bonificare gli ambienti e mettere le persone giuste al posto giusto. Ora c’è un pool di magistrati e investigatori di prim’ordine che con il ‘metodo Gratteri’ continuerà a scoperchiare le pentole del malaffare.

Tra i napoletani la nomina di Gratteri è stata accolta con entusiasmo. Ne è prova la lettera aperta pubblicata, su Facebook da Gianni Forte, un commerciante di Barra, quartiere a Est di Napoli, che per l’ennesima volta ha subito una rapina: “Mi auguro che con lei e con sua determinazione si possa migliorare la vita di questa città, in preda alla criminalità. Otto lunghi minuti interminabili. Armi in pugno, hanno tenuto in ostaggio i clienti e l’intero staff, alcuni sono stati fatti sdraiare a terra mentre altri rinchiusi in bagno. Per tutti questi otto lunghi minuti il tipo armato è stato a volto coperto all’ingresso del locale, mentre i due complici svaligiavano l’armadio blindato. Mi creda, comprendo tutto, tranne l’indifferenza della gente, il locale è ubicato in via delle repubbliche marinare, una strada di grande viabilità. Sono passate tante persone, hanno visto e nessuno si è degnato di allertare le Forze dell’ordine. Una cosa veramente indegna. Cosa ci rende differenti da un mafioso? È disgustosa l’omertà, la malavita, l’ingiustizia e tutto il degrado che ci circonda…”.

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