Quando il 13 luglio scorso i giudici della Corte d’assise di Busto Arsizio spiegarono perché non avevano inflitto l’ergastolo a Davide Fontana per il massacro di Carol Maltesi: ovvero che lei fosse “disinibita” e che l’assassino reo confesso “si sentiva usato” le reazioni furono di indignazione. Contro i 30 inflitti al bancario, che uccise, fece a pezzi, prima congelò e poi tento di dare fuoco ai resti alla giovane mamma che lo aveva lasciato, è stato depositato il ricorso della procura. La vittima, 26 anni, che aveva anche altri rapporti che l’uomo accettava e insieme realizzavano video postati su OnlyFans, fu uccisa con “premeditazione, crudeltà e per motivi futili e abietti” e per questo il pm di Busto Arsizio (Varese) nel ricorso in appello chiede l’ergastolo per l’imputato. Anche in primo grado l’accusa aveva chiesto il fine pena mai.

L’omicidio e il processo – La 26enne fu uccisa l’11 gennaio del 2022 a Rescaldina (Milano). I resti del cadavere furono trovati in un dirupo nascosti in sacchi neri in Alta Valle Camonica (Brescia) il 21 marzo 2022. L’identificazione fu possibile solo perché la vittima aveva alcuni tatuaggi. Il 29 marzo Fontana fu fermato e confessò il femminicidio. Il 20 settembre scorso la Corte d’assise di Busto Arsizio ha accolto la richiesta di Fontana di essere ammesso alla giustizia riparativa, percorso che non è alternativo all’iter penale. Il padre della ragazza – che aveva deciso di trasferisci lontano dall’uomo per stare vicino al figlio – ha detto di essere “sconvolto e schifato”

Le motivazioni dei giudici – L’uomo, che con la vittima realizzava filmati hard, la uccise anche per la decisione di Carol di trasferirsi altrove “in modo incompatibile con la loro frequentazione quotidiana”. L’ultimo video che Fontana indusse la donna a realizzare “era elemento essenziale” del suo piano: mentre aveva un sacchetto in testa, la prese a martellate. Le aggravanti non erano state riconosciute dalla Corte d’assise di Busto Arsizio (da qui la condanna a 30 anni e non all’ergastolo). Dopo aver fatto a pezzi il corpo, che tenne per settimane in un freezer ordinato su Amazon, provò a bruciarlo con un barbecue per poi gettarlo nel burrone nel Bresciano, fino a quando un passante, per puro caso, segnalò a fine marzo dei sacchi dell’immondizia già dal dirupo. Lì dentro c’era il corpo di Maltesi, madre di un bimbo di sei anni.

La posizione della procura – “Ciò che avevamo da dire lo abbiamo scritto nel ricorso in appello appena depositato. A nostro parere ci furono crudeltà, efferatezza e premeditazione. Chiediamo l’ergastolo. Riteniamo che quella sia la pena adeguata: parlano i fatti” spiega il procuratore di Busto Arsizio, Carlo Nocerino. Il cardine dell’impugnazione verte sul riconoscimento delle tre aggravanti escluse in primo grado, in particolare quelle della crudeltà e della premeditazione.

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