La procura generale di Torino aveva chiesto l’ergastolo e i giudici aveva invece stabilito in 23 anni la pena per l’anarchico Alfredo Cospito, protagonista negli scorsi mesi di una battaglia legale e non solo (con lo sciopero della fame, ndr) contro il 41bis. Oggi i magistrati piemontesi motivano la condanna ricordando che l’attentato alla ex caserma allievi carabinieri di Fossano del 2006, sebbene organizzato con una indiscutibile “micidialità e potenzialità offensiva degli esplosivi”, era stato di “entità modesta”. Si trattava del secondo processo d’appello per Cospito era stato precedentemente condannato a 20 anni. Per Anna Beniamino la corte aveva rimodulato la pena in 17 anni e 9 mesi. L’accusa aveva chiesto l’ergastolo con isolamento diurno per 12 mesi per Cospito e 27 anni e 1 mese per Beniamino. Sul caso dell’anarchico si era anche espressa la Consulta che ha stabilito che è “incostituzionale non riconoscere le attenuanti” anche se è a discrezione del giudice valutare caso per caso se infliggere l’ergastolo. Cospito è già condannato in via definitiva per aver gambizzato un dirigente dell’Ansaldo Nucleare a 10 anni e 8 mesi.

“Non v’è dubbio che gli ordigni fossero stati piazzati in un luogo simbolico in un giorno del pari simbolico (nella notte fra la Festa della Repubblica e la festa dell’Arma) e che l’intento fosse quello di colpire i ‘servi dello Stato’ ‘già da piccoli’ – scrivono i giudici – Ciò nondimeno, considerati il luogo della strage (un luogo isolato) e, soprattutto, la circostanza che l’obbiettivo colpito fosse la scuola degli allievi Carabinieri – certamente rilevante per la preparazione dei componenti di tale importante corpo di Polizia dello Stato, ma privo (almeno per quanto risulta dagli atti) di alcuna operatività di direzione e comando della onorata forza dell’ordine – di entità modesta sono stati l’attacco mosso contro il bene dell’unità e dell’integrità nazionale e l’offesa arrecata in concreto alla personalità dello Stato”.

L’azione stragista ha difatti inciso sui supremi interessi nazionali, sulla sicurezza interna ed esterna dello Stato, sul libero esercizio delle istituzioni democratiche e sulla libera partecipazione dei cittadini alla vita politica in misura assai limitata – sottolineano i giudici di Torino – avendo solo minimamente messo in pericolo l’inviolabilità dell’ordinamento politico, l’esistenza e l’incolumità dei supremi organi statuali. In sintesi l’azione ha avuto una blanda ripercussione sulla compagine statale o, comunque, su una parte di essa, e ha comportato un limitatissimo pericolo di una lesione alla personalità dello Stato e all’ordine democratico”.

“Si è già rilevato che, quanto all’obbiettività dell’azione (cioè alla natura, alla specie, ai mezzi, alle modalità e alle circostanze dell’azione), gli ordigni venivano posizionati non all’interno della Caserma di Fossano, ma all’esterno e a una certa distanza dalla struttura, in un luogo isolato (in campagna) e in un orario nel quale non vi sarebbe stato il passaggio di persone o mezzi; gli ordigni fabbricati artigianalmente, sia pure temibili – giusta l’inserimento di bulloni che esplodevano come proiettili – si limitavano a provocare la distruzione dei cassonetti porta rifiuti in cui erano stati piazzati e il danneggiamento della facciata dell’edificio colpita dalle schegge e dai detriti esplosi. Quanto al danno e al pericolo provocato dall’attentato, si è appena rilevato come il danno cagionato in concreto dalla strage sia stato estremamente lieve (distruzione di alcuni cassonetti, piegatura in un punto della rete di recinzione e danneggiamento in alcuni punti della facciata dell’edificio) e come altrettanto lieve sia stato il pericolo cagionato allo specifico bene giuridico tutelato e costituito dalla sicurezza dello Stato. La volontà manifestata dagli autori di ottenere con tale azione l’abolizione dei Centri di permanenza temporanea non può ritenersi avere realizzato un danno o la messa in pericolo della sicurezza dello Stato o di un’articolazione di esso” concludono i giudici.

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