“L’ho lasciata da sola in casa” ma “pochissime volte, non ricordo quante, poi l’indomani mattina tornavo subito a casa. La lasciavo con il biberon di latte e due bottigliette di acqua e una di ‘tè e, quando rientravo, di solito era tranquilla che giocava nel lettino, la lavavo, la cambiavo, le davo la pappa, ma era tranquilla“. Lo ha detto Alessia Pifferi, la 37enne accusata di omicidio volontario aggravato della figlia Diana per averla abbandonata nella casa via Carlo Parea a Milano, dove è morta di stenti fra il 14 e 20 luglio 2022. Questa mattina, martedì 19 settembre, nell’aula della Corte d’Assise presieduta dal giudice Ilio Mannucci Pacini, la donna ha risposto alle domande del pubblico ministero di Milano,Francesco De Tommasi.

Durante l’udienza Pifferi ha detto che quando abbandonava la piccola in casa aveva paura di molte cose: “Per esempio se fosse riuscita a bere l’acqua, ma pensavo che il latte che avevo lasciato bastasse“. A chi le chiedeva dove fosse la piccola quando si allontanava per passare serate o weekend con alcuni uomini “dicevo che Diana era al mare con mia sorella oppure con una mia amica. Ho lasciato Diana sola pochissime volte, non ricordo quante, e non è mai successo niente“. Il 14 luglio, intorno alle 19, la lascia per andare dall’allora fidanzato, a cui dice che la piccola è al mare con la sorella, ma il giorno dopo non torna a casa e non lo farà fino al 20 luglio, sebbene lunedì 18 è a Milano per impegni di lavoro di lui. “Il giorno dopo non sapevo come tornare a Milano perché i soldi erano quelli che erano (in aula ammette già di avere i contanti spesi il 20 luglio per tornare in via Carlo Parea, ndr), l’intenzione era di rientrare l’indomani infatti ho lasciato la finestra aperta della camera. Se avessi chiesto a lui di accompagnarmi mi avrebbe risposto che non ero il mio ncc (autista, ndr)”. Poi confessa che quel lunedì 18 “ho pensato a mia figlia, ma avevo paura di lui, di farlo arrabbiare” dopo un litigio in strada per un banale caffé. “Volevo tornare da mia figlia, volevo chiederlo di portarmi a casa ma ero spaventata dalle sue reazioni” e quando il 20 luglio da sola varca l’uscio della porta per Diana è troppo tardi. Era morta di stenti con accanto quel biberon che la madre, pronta a riallacciare i rapporti con la famiglia, le aveva preparato. La donna poi ha negato di aver messo tranquillanti o sonniferi nel latte della bambina. “A mia figlia non ho dato gocce di nessun genere” ha spiegato infine nel lungo interrogatorio in aula

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