Sul fronte della difesa “l’Europa deve fare qualche passo in avanti. Dobbiamo essere più ambiziosi, ma i numeri che abbiamo non ce lo permettono. Abbiamo visto anche sulla questione ucraina che non possiamo correre sempre dietro agli Stati Uniti“. A dirlo intervenendo alla seconda giornata di lavori Forum Ambrosetti di Cernobbio è il ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani. Parole significative e in qualche modo inattese, considerato che il leader di Forza Italia è uno dei politici italiani più affezionati al rapporto con Washington. Gli Usa, dice adesso, “sono un nostro interlocutore, ma anche se nella Nato vogliamo contare di più, serve un’Europa che sappia contare di più, non a parole ma anche a fatti”.

“Dobbiamo contare di più anche con l’industria della difesa”, specifica Tajani di fronte al gotha dell’imprenditoria. “Nell’800 dicevano che non si fa politica estera se non si batte bandiera. Lo strumento militare non è uno strumento per fare la guerra, ma uno strumento di politica estera. Chi salva i migranti in mare? I militari della Guardia costiera e della Guardia di finanza. Quindi non guardiamo allo strumento militare come uno strumento di guerra, io lo considero uno strumento di pace”, sottolinea. Ricordando che “in genere i militari sono sempre quelli meno favorevoli a fare guerre, perché la guerra la conoscono”.

“Bisognerebbe spendere di più in difesa, ce lo chiede anche la Nato, ma bisogna poi fare un conto delle spese reali, non teorico. Se noi vogliamo spendere di più per la difesa, perché l’Europa ha bisogno di una difesa più consistente, allora bisogna escludere queste spese dal patto di stabilità e crescità“, incalza il ministro degli Esteri. Perché non possiamo imputarle ai singoli Stati e soprattutto all’Italia, che ha un debito pubblico che cresce perché ci sono delle spese per la difesa volute a livello europeo. Non è uno stato spendaccione, ma ci sono alcune spese prese a livello europeo”.

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