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Caivano, nei cellulari la verità sugli stupri: sequestrato anche il telefono di una madre delle vittime

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Mentre l’inchiesta si è allargata a 15 giovani iscritti nel registro degli indagati per gli stupri subiti, forse per diversi mesi e da più di sei persone, di due cuginette di 11 2 12 anni nel parco Verde di Caivano (Napoli), gli inquirenti e gli investigatori che stanno cercando di dare dimensione e profondità a questo baratro di degrado umano sperano di trovare nei telefoni cellulari sequestrati tutti gli elementi per capire da quanto accadeva e se avesse modalità sistematiche.

Uno dei punti da chiarire è quello dell’esistenza di immagini degli abusi, scoperti solo perché una delle vittime si è confidato con il fratello – allertato da un messaggio social – che ha riferito alla famiglia. Un primo passo verso l’abbattimento del muro di omertà che paura, ignoranza della legge e a volte vergogna si innalza in determinate situazioni e luoghi. Le due vittime sono state allontanate dalla famiglia per proteggerle e per mettere una distanza anche con le famiglie che per per la procura dei minori non sono state in grado di controllare, tutelare e quindi evitare. Senza contare il rischio di minacce da parte delle persone coinvolte, ritorsioni ancor più possibili se si confermasse la presenza nel branco di rampolli di camorristi trafficanti. Le due bambine, secondo quanto ricostruito, venivano avvicinate appena scendevano di casa e portate nel capannone.

La decisione del Tribunale, su richiesta della procura, di allontanare le vittime è arrivata sulla base delle riflessioni degli inquirenti che hanno sottolineato uno “stile di vita che ha favorito la perpetrazione del reato […] che è senz’altro frutto della grave incuria dei genitori che, con ogni evidenza, hanno omesso di esercitare sulla figlia il necessario controllo, così esponendola a pericolo per la propria incolumità”. Un provvedimento contro cui una delle madri si è scagliat rivendicando il diritto di avere la figlia con sé. “Mia figlia è la mia vita non ho mai mancato nei suoi confronti, voglio che torni qui da me”. Agli atti però questo presupposto: “La minore era ed è esposta, nell’ambiente familiare, a grave pregiudizio e pericolo per l’incolumità psicofisica”. Valutazioni che hanno riguardato anche l’altra ragazzina.

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