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La scuola nella giungla thailandese fondata da una psicologa italiana (che non fa pagare la retta ai bambini poveri)

La scuola nella giungla thailandese fondata da una psicologa italiana (che non fa pagare la retta ai bambini poveri)
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Si chiama “The Oak – Waldorf Steiner Educational Center Phuket” e nel suo logo c’è una grande quercia. Questa scuola non ha pareti, non ha soffitti e finestre, non ha banchi ma è immersa nella rigogliosa e lussureggiante natura della foresta dell’isola di Phuket, in Thailandia e accoglie bambini e ragazzi di diverse nazionalità, età e provenienti da famiglie con differenti possibilità economiche. A idearla, costruirla e gestirla è Debora Previti, una psicologa italiana, mantovana per la precisione, che in Thailandia e a Phuket ci è arrivata in vacanza e, come abbiamo già raccontato sul ilfattoquotidiano.it, mai avrebbe pensato che sarebbe diventata la terra in cui avrebbe trovato l’amore, si sarebbe sposata, avuto una figlia e realizzato il suo sogno di vita professionale.

Debora arriva in Thailandia per una vacanza nel 2010 dopo la specializzazione in psicologia analitica. Conosce Alee, che con la sua barca trasporta i turisti alla scoperta delle meraviglie dell’isola, se ne innamora lentamente e nel 2013 si sposa a Bangkok. Qualche tempo dopo nasce Lannà, la loro figlia, e quando compie tre anni Debora inizia a lavorare come psicologa infantile presso diverse scuole internazionali thailandesi. “Che cosa ci fa una come te a Phuket dopo tutti gli anni di studio? – spiega Debora a ilfattoquotidiano.it – mi chiedevano gli amici, domanda che mi ha perseguitata per i primi anni di assestamento in quella che per tutti era l’altra parte del mondo, ma ero così impegnata a fare la mamma che non ci pensavo. Io non ho mai desiderato lasciare l’Italia, sposarmi o fare figli, è semplicemente successo e ho accettato tutto con grande meraviglia e qualche ansia, non lo nego”. Durante gli anni di lavoro come psicologa infantile, Debora viene in contatto con diverse realtà e diversi approcci educativi nei confronti dei bambini e dei ragazzi che non sempre condivide. “Devo ammettere – spiega – che più mi trovavo al centro di questi dibattiti più si faceva largo dentro di me l’idea di una scuola libera e per tutti i bambini, una scuola che si realizzasse in seno alle più diverse situazioni sociali, culturali, genetiche e magari, perché no, nell’ambito stesso della scuola pubblica”.

La sua idea di scuola si concretizza nel centro educativo che apre nell’ottobre del 2019 a Phuket grazie al suo permesso di lavoro, al marito di nazionalità thailandese e a un commercialista thai che l’aiuta nella parte burocratica. Debora apre una società registrata che offre servizi educativi per l’infanzia: “Ho affittato – racconta – una casa con un bellissimo parco e, nel giro di qualche mese, il centro ha iniziato a ospitare bambini locali e internazionali provenienti da tutto il mondo: Regno Unito, Francia, Malesia, Marocco, Stati Uniti. La scuola si ispira alla Pedagogia di Rudolf Steiner, che al pari della Montessori, fu un pedagogista all’avanguardia con un’idea a mio avviso visionaria”. Il metodo Steiner si differenzia per come vengono proposte le materie di insegnamento. “I bambini – evidenzia Debora Previti – imparano attraverso l’arte, sia essa pittura, artigianato, disegno, scultura, arte oratoria. Il nostro cervello impara meglio e più velocemente attraverso le immagini e questa impostazione incontra perfettamente i risultati degli studi effettuati dalle neuroscienze e la mia esperienza di lavoro con i bambini come psicologa”.

Tutto procede per il meglio nella sua scuola aperta, ma nel 2020 arriva il Covid con lockdown e chiusure. Il centro educativo chiude per 6 mesi. Ad agosto del 2021, poi, l’isola di Phuket si svuota. Le famiglie straniere fanno rientro nei loro Paesi d’origine e i thailandesi “non mandavano i figli a scuola – racconta ancora Debora – per paura che contraessero il virus”. Dalla difficoltà, però, nasce l’opportunità. La psicologa mantovana in quel periodo inizia a studiare le scuole all’aperto, il forest school movement e si rende conto degli innumerevoli vantaggi derivati dall’apprendere in spazi naturali. “il Covid – riflette – ha rafforzato la mia fissa di una scuola libera anche da classi al chiuso, chiedendomi appunto a che cosa servissero le mura e le stanze chiuse ai tropici anche quando piove, che allora la giungla si risveglia mostrando colori ancora più cangianti e vivi. Diversi anni fa, io e mio marito avevamo comprato della terra dove viviamo, nella giungla, così ho rotto il contratto d’affitto, mio marito ha costruito da solo due bungalow eco-friendly (legno bambù) e così ho iniziato ad andare nella giungla con alcuni bambini, a fare passeggiate, a studiare le piante e gli insetti, a dipingere a insegnare matematica e inglese”.

Nell’anno accademico 2022/2023 hanno frequentato la scuola 6 bambini inglesi, 6 bimbi russi, un bimbo thai, 1 bimba americana, 2 bambini malesiani e 10 bimbi birmani. Il bambino più piccolo aveva 18 mesi, il più grande 12 anni. La retta minima è di 40 euro al mese. Le rette sono diversificate a seconda delle possibilità economiche delle famiglie e ci sono alcuni bambini che stanno frequentando gratuitamente fin dall’inizio proprio perché le loro famiglie non hanno mezzi. “Ho molte richieste di questo tipo – precisa Debora – ma, a malincuore, non posso proprio permettermelo di accettarne altre”. Bisogna, infatti considerare che la scuola si regge economicamente sulle rette pagate dalle famiglie per sostenere il team composto, oltre che da Debora e il marito, anche da un’insegnante madrelingua Steiner, una baby sitter e una cuoca. Ora la voce della scuola nella giungla si è diffusa e la difficoltà per Debora è che “non riesco a rispondere alla richiesta di iscrizioni da parte delle famiglie che mi contattano. Ho bisogno si allargare i bungalow, assumere nuovo personale e far fronte a nuove spese che al momento non riesco a sostenere”. Il suo progetto è quello di ampliare la scuola sino a ospitare 60 bambini di cui 25 provenienti dalle famiglie con meno possibilità economiche, perché la sua soddisfazione più grande è stata proprio quella di “aver portato a scuola bambini che non hanno possibilità alcuna di istruzione”.

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