di Jakub Stanislaw Golebiewski

Giorni fa, ero in piscina per una giornata di ferie. C’erano tante giovani ragazze in tanga. Belle ragazze, che dire! Mi sono soffermato con lo sguardo sugli adulti presenti, uomini e donne, che commentavano con disappunto o con apprezzamenti sessuali, i corpi di queste giovanissime donne. Mi sono sentito a disagio perché donne e uomini con grande differenza di età rispetto adolescenti che muovono i primi passi nel mondo, con le loro incertezze spesso mascherate con ostentata sfrontatezza si comportavano in maniera inadeguata e del tutto inopportuni su ragazze che potevano essere le loro figlie. Mi sono trovato ad osservare adulti malcresciuti che giudicano o desiderano ragazzine.

In questi giorni si è parlato di tanti casi di violenza. che hanno colpito giovani donne. Alcuni casi purtroppo hanno riguardato bambine. La notizia di violenze sessuali su due dodicenni, invitate ad una festa, drogate e filmate da ragazzini poco più grandi, ci devono far prendere coscienza che dobbiamo fare qualcosa di educativo al più presto non solo nelle famiglie ma nelle scuole, per frenare un’inciviltà crescente che sta cancellando l’empatia e trasformando le persone in cose, come fossero oggetti da consumare. E questo avviene in ogni ambiente e riguarda persone di tutte le età ma colpisce in particolare le donne.

Faccio un breve cenno al “bollettino di guerra” di questi giorni. Le chat per soli uomini di agenzie pubblicitarie con commenti volgari sulle colleghe; la giovane donna che ha denunciato Leonardo La Russa per violenza sessuale e anche l’assoluzione del bidello, un uomo di 60 anni che a scuola ha sollevato una ragazza di appena 17 anni, afferrandola per le mutande. Incredibilmente il tribunale di Roma non ha ritenuto che ci fosse un reato. Un’assoluzione che ha suscitato molte polemiche e contestazioni.

Non sono un esperto di diritto ma, come padre, mi chiedo come mi sarei sentito se una di queste ragazze fosse stata una delle mie figlie? Come spiegare ad una diciassettenne molestata a scuola, le ragioni dell’impunità per qualcosa che l’ha turbata profondamente e l’ha fatta sentire violata proprio nel luogo dove dovrebbe sentirsi al sicuro e non una preda? Come è possibile che un tribunale assolva un sessantenne che infila le mani sotto le mutande di una ragazza peraltro minorenne, giudicando l’atto privo di libidine perché è stato troppo veloce?

Mi chiedo come mi sarei sentito se mia figlia mi avesse detto di essersi svegliata nel letto di un ragazzo senza ricordare nulla, o come potrei sentirmi se mia figlia mi dicesse di essere stata trattata come un pezzo di carne dai colleghi di lavoro? Che cosa potrei fare come padre a prescindere dalla scelta di fare denuncia all’autorità giudiziaria. Non leggo purtroppo molta solidarietà nei confronti di giovani donne vittime di queste violazioni e offese alla loro dignità da parte di uomini e donne che potrebbero essere i loro genitori, padri e madri. Non leggo empatia nemmeno nei confronti dei genitori di queste ragazze. Leggo sui social ma anche nelle parole di giornalisti, come per esempio Filippo Facci, un’acredine nei confronti di donne vittime di molestie che mi lascia sbigottito.

Non tutto si può risolvere nei tribunali che hanno criteri di valutazione dei fatti che sono stringenti perché devono valutare la credibilità delle vittime e dei testimoni, ma qualcosa si può fare fuori dai tribunali per rendere più vivibile la società anche per le giovani donne. È importante garantire il principio di innocenza ma nello stesso tempo rispettare chi denuncia violenza senza scagliare giudizi come se fossero pietre. Uomini, padri, proviamo a metterci nei panni dei genitori di quelle giovani donne. Agiamo tutti con saggezza, come fossimo genitori di queste ragazze, ricordandoci che chi ha appena o poco più di 20 anni, è maggiorenne ma allo stesso tempo è fragile e rischia di spezzarsi se incontra la crudeltà e l’ingiustizia del mondo, quello di oggi, a quanto pare, più atroce che mai.

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