A tre mesi dai ricorsi e dalle impugnazioni le decisioni del Tribunale di Milano sono arrivate. E nel solco della sentenza delle sezioni Unite della Cassazione dello scorso 30 dicembre che – decidendo su una coppia di padri – ha innescato le impugnazioni degli atti di nascita trascritti alle anagrafi delle coppie formate da due donne che quindi non ha avuto bisogno di ricorrere alla gestazione per altri (o maternità surrogata). E così i giudici della VIII sezione civile – presieduti da Giovanni Battista Rollero – hanno annullato la trascrizione dell’atto di nascita del figlio di una coppia di uomini, nato all’estero tramite maternità surrogata, nella parte in cui indicava come genitore anche il padre intenzionale oltre a quello biologico, ma hanno ora salvato le tre coppie di mamme che – non avendo fatto ricorso alla gpa – non rientrano di fatto nella decisione della Suprema corte che – ricordiamolo – sottolinea che la sentenza era stata presa perché in Italia la gestazione per altri è vietata dalla legge 40.

Salve le coppie di mamme – Per gli altri tre ricorsi, invece, il collegio “ha ritenuto inammissibile il procedimento di rettificazione degli atti dello stato civile utilizzato dalla Procura per chiedere l’annullamento della trascrizione”, ritenendo invece “che sia necessaria l’instaurazione di una vera e propria azione volta alla rimozione dello status di figlio“. Infatti, in questi casi “una volta che la dichiarazione sia sta accettata, anche se per compiacenza, per errore o in violazione della legge, il riconoscimento effettuato non potrà essere contestato e quindi rimosso” senza “ricorrere al modello di tutela che il nostro ordinamento prevede per rimozione dello status di figlio”, con un “procedimento svolto secondo le forme e con la pienezza di garanzie” e “con la specifica garanzia della nomina di un curatore speciale del minore”. La decisione segue la richiesta della Procura di rettificare, sulla base della sentenza delle Sezioni unite della Cassazione dello scorso dicembre, le registrazioni all’anagrafe del Comune dei figli di quattro coppie omogenitoriali. La procura di Milano, su sollecitazione del prefetto, aveva quindi impugnato gli atti di nascita registrati dal Comune di Milano successivi alla sentenza della Cassazione e contemporaneamente Palazzo Marino aveva fermato le trascrizioni. Caso ben diverso dall’azione della procura di Padova che invece ha impugnato 33 atti di nascita a partire dal 2017 cioè da quando il sindaco ha deciso di trascrivere all’anagrafe i bambini e le bambine con due mamme.

Un nuovo orientamento – “Modificando il proprio precedente orientamento“, si legge in un comunicato emesso dalla Presidenza del Tribunale, l’ottava sezione civile “ha ritenuto di fare propri i principi dettati dalla recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 38162 del 30.12.2022”, che nel caso di bambini nati con la maternità surrogata, vietata in Italia, valuta “non automaticamente trascrivibile” il provvedimento giudiziario straniero. Per questo “il Tribunale ha annullato la trascrizione dall’atto di nascita del genitore intenzionale, perché avvenuta in violazione della normativa vigente che, vietando il ricorso alla maternità surrogata, vieta altresì la trascrizione dell’atto di nascita nella parte in cui riporta quale genitore anche quello d’intenzione”. Per il Tribunale di Milano, in aderenza ai principi espressi dalla Cassazione, “il diritto del minore al pieno riconoscimento del ruolo svolto dal genitore d’intenzione” potrà invece “essere riconosciuto con il procedimento dell’adozione in casi particolari”. La strada dell’adozione era stata indicata dagli ermellini che citavano i verdetti 32 e 33 della Consulta in attesa che la politica agisca cosa che finora come gli stessi supremi giudici sottolineano non è successa. “La Corte chiama in causa il legislatore perché la decisione sulla direzione di marcia, in un terreno denso di implicazioni etiche, antropologiche, sociali, prima ancora che giuridiche, non può essere devoluta alla giurisprudenza. Per le riforme, occorre la discussione in sede politica, affidando al confronto democratico, e per esso all’intera comunità, scelte di così rilevante significato. Il legislatore è rimasto finora inerte. Il monito giace inascoltato – sottolineavano i giudici della Cassazione – Nell’attesa dell’intervento, sempre possibile ed auspicabile, del legislatore, il giudice, trovandosi a dover decidere una questione relativa allo status del figlio di una coppia omoaffettiva, non può lasciare i diritti del bambino indefinitamente sospesi, ma deve ricercare nel complessivo sistema normativo l’interpretazione idonea ad assicurare, nel caso concreto, la protezione dei beni costituzionali implicati, tenendo conto delle indicazioni ricavabili dalla citata sentenza della Corte costituzionale”.

L’avvocato Giacomo Cardaci, che tutela una delle coppie di mamme, spiega che con questo provvedimento il Tribunale ha sottolineato – nel caso delle coppie femminili – che state “violate le regole del gioco. La rettificazione dell’atto di nascita non può avvenire così. L’azione di togliere un figlio a un genitore è un processo molto formalizzato e molto complesso. Non tutti sono legittimati a farlo, il codice civile blinda i legittimati a chiedere un disconoscimento. Si dovrebbe instaurare un’altra causa civile. Ovviamente la procura e il governo potranno impugnare questa decisione, ma non seguendo la strada indicata dal Tribunale”.

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