A poco meno di un mese dal suo rilascio e a due settimane dall’attacco dall’indagine l’ex vicepresidente del Parlamento europeo, Eva Kaili, coinvolta nell’inchiesta belga sul Qatargate, ha fatto causa allo stesso Parlamento “per violazione della sua immunità parlamentare, essendo stata monitorata dai servizi segreti durante il periodo in cui ha partecipato alla commissione Pega, che stava indagando istituzionalmente sull’esistenza di software illegali che monitoravano le attività degli eurodeputati e dei cittadini Ue”. Sono stati i legali dell’europarlamentare greca ad annunciare la causa. Arrestata il 9 dicembre scorso, Kaili è stata rilasciata il 25 maggio con condizioni dopo una detenzione preventiva di oltre cinque mesi. Nei giorni scorsi Kaili non ha preso parte alla sessione plenaria a Strasburgo nonostante fosse stata autorizzata dall’autorità giudiziaria. Rilasciata il 25 maggio con condizioni dopo una detenzione preventiva di oltre cinque mesi, quattro dei quali in carcere e uno ai domiciliari a Kaili è imposto il divieto di lasciare il Paese previo accordo con le autorità preposte.
In una intervista al Corriere della Sera l’eurodeputata, tra le altre dichiarazioni, aveva puntato il dito contro le intercettazioni compiute dal Vsse, il servizio segreto del Belgio. “C’è una cosa inquietante che vorrei sollevare. Dal fascicolo giudiziario i miei avvocati hanno scoperto che i servizi segreti belgi avrebbero messo sotto osservazione le attività dei membri della commissione speciale Pegasus. Il fatto che i membri eletti del Parlamento siano spiati dai servizi segreti dovrebbe sollevare maggiori preoccupazioni sullo stato di salute della nostra democrazia europea. Penso sia questo il vero scandalo”. La commissione speciale citata da Kaili è quella creata all’Europarlamento per indagare sull’uso di Pegasus, lo spyware che – secondo alcune inchieste giornalistiche – è stato usato anche dagli 007 marocchini per spiare gli attivisti per i diritti umani. Il riferimento ai servizi, invece, è relativo al fatto che l’indagine sulle mazzette in Ue nasce proprio dall’attività d’indagine dell’intelligence belga. Come aveva rivelato Il Fatto Quotidiano, infatti, erano stati gli 007 di Bruxelles a scoprire l’esistenza di una rete che puntava a interferire nei processi decisionali della più alta istituzione comunitaria, corrompendo politici in posti chiave. E che faceva capo a una cellula di agenti segreti del Marocco, ma anche al governo del Qatar alla vigilia dei mondiali di calcio. I servizi di Bruxelles indagavano perché in Belgio la legge lo permette, mentre in altri Paesi – come per esempio l’Italia – non è consentito agli 007 portare avanti attività d’indagine che sono esclusiva competenza dell’Autorità giudiziaria.
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