Calci, pugni e umiliazioni contro stranieri, senzatetto e in generale persone in stato di debolezza. I capi d’imputazione provvisoria, citati nell’ordinanza che ha disposto la custodia cautelare ai domiciliari per un ispettore e quattro agenti di polizia del Nucleo Volanti di Verona accusati di torture, raccontano le violenze nei confronti di chi veniva portato in Questura per l’identificazione dopo il fermo. A due degli indagati è stata contestata l’aggravante dell’odio razziale. “Stai zitto, altrimenti entro dentro e vedi cosa ti faccio“, un esempio delle frasi con cui i poliziotti si rivolgevano a chi era sottoposto alla loro custodia. In alcuni casi, poi, oltre alle botte e agli insulti razzisti e xenofobi, infierivano spruzzando lo spray al peperoncino negli occhi delle vittime: “Ti spruzzo nel c..o”, diceva l’ispettore arrestato, Filippo Failla Rafici, ad A.T., straniero senza documenti fermato durante un controllo per strada. I colleghi, nonostante fosse a terra, “continuavano a percuoterlo ripetutamente con schiaffi e calci, prima nella sala redazione atti e quindi nel corridoio, per poi trascinarlo nella stanza “fermati””.

In un caso, si legge, uno degli agenti arrestati ha sferrato uno schiaffo a uno dei fermati così “vigoroso da fargli perdere i sensi per alcuni minuti”. In un’altra circostanza, due dei poliziotti indagati sono accusati non solo di aver picchiato una persona sottoposta a fermo, ma di averla costretta a urinare per terra. Gli stessi soggetti poi la spingevano in un angolo, facendola cadere a terra e usandola “come uno straccio per pulire il pavimento”, si legge. Uno degli arrestati “raccontava alla fidanzata, inframezzando il narrato con risate e commenti divertiti, il pestaggio ai danni di una delle vittime”: “M… che pigna che gli ho dato“. “Ho detto vabbè, oggi le devi prendere anche da me!”. E ancora, in un’altra conversazione: “Gli ho fatto una presa io, gli ho calciato fuori e poi l’abbiamo portato dentro insieme, no, e vabbè gli abbiamo tirato due, tre schiaffi a testa, no, ma così, giusto per…”. Dopo le violenze, poi, si incoraggiavano tra loro: “Com’è che non l’ha ammazzato?”, si dicevano, ridendo. “Mi raccomando, quelle che non gli hai dato prima, dagliele dopo”.

“I soprusi, le vessazioni e le prevaricazioni poste in essere dagli indagati risultano aver coinvolto, in misura pressoché esclusiva, soggetti di nazionalità straniera, senza fissa dimora ovvero affetti da gravi dipendenze da alcol o stupefacenti, dunque soggetti particolarmente deboli“, scrive la giudice per le indagini preliminari Livia Magri. “È innegabile che tutti gli indagati abbiano tradito la propria funzione, comprimendo i diritti e le libertà di soggetti sottoposti alla loro autorità e offendendone la stessa dignità di persone, creando essi stessi disordine e compromettendo la pubblica sicurezza, commettendo reati piuttosto che prevenirli, in ciò evidentemente profittando della qualifica ricoperta, anche compiendo falsi ideologici in atti pubblici con preoccupante disinvoltura”, sottolinea l’ordinanza.

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