Chi dorme forse non piglia pesci, ma neppure prende rischi. Per esempio, le persone che soffrono di insonnia e assumono sonniferi hanno un rischio di morte del 55% maggiore rispetto a chi non ne fa uso e dorme normalmente. Lo rivela uno studio appena pubblicato sulla rivista Sleep Health. È stato realizzato dai ricercatori dell’Università di Taiwan che hanno esaminato la mortalità e l’aspettativa di vita di quasi 485mila persone con diversa durata del sonno, parte delle quali faceva uso di sonniferi. I partecipanti sono stati sottoposti a visite ed esami medici di routine per valutare la presenza di eventuali condizioni di salute ed è stato chiesto loro di riferire informazioni sul sonno (durata, qualità e uso di sonniferi come sedativi e ipnotici). Gli esperti hanno poi suddiviso il campione in gruppi in base alla durata del sonno giornaliero, tra cui sonno estremamente breve (<4 ore), breve (4-6 ore), medio (6-8 ore) e lungo (>8 ore). I ricercatori hanno utilizzato i dati per stimare l’aspettativa di vita dei consumatori e dei non consumatori di sonniferi in base alla durata del sonno.

I risultati hanno rivelato che chi non fa uso di sonniferi e dorme tra le sei e le otto ore al giorno, presenta il rischio di morte più basso rispetto a tutto il campione. È sorprendente notare che i consumatori di sonniferi, a parità di quantità ottimale di sonno, presenti un rischio di morte superiore del 55% rispetto ai non consumatori di questi farmaci. Con l’uso di sonniferi anche l’aspettativa di vita è più breve; in media, quella degli uomini che usano questi farmaci è più breve di 5,3 anni e quella delle donne di 5,7 anni. “I nostri risultati”, spiega l’autore principale dello studio Yu Sun, “sono a dir poco sconcertanti. Molte persone si affidano ai sonniferi per dormire, quindi è uno shock scoprire che la loro assunzione può considerevolmente aumentare il rischio di morte. Suggeriamo quindi di evitare l’uso dei sonniferi come prima linea di trattamento dell’insonnia e di provare prima altri metodi”, conclude. Abbiamo contattato il professor Claudio Mencacci, psichiatra, direttore emerito di neuroscienze al Fatebenefratelli di Milano e co-presidente Sinfp, per commentare questi risultati.

Professor Mencacci, il dato che emerge dalla ricerca è preoccupante.
“È sicuramente fondamentale promuovere una maggiore attenzione alla prevenzione e all’uso corretto dei rimedi cognitivi e farmacologici disponibili. Come clinici raccomandiamo sempre un uso corretto e monitorato dei farmaci con un utilizzo limitato nel tempo delle benzodiazepine e Z-drugs (4-6 settimane). Bisogna però fare i conti con i problemi che porta l’insonnia, che espone a sviluppo di depressione, infarto del miocardio (aumento del 69% del rischio), obesità, disturbi cognitivi e aumento del decadimento cognitivo. La depressione riduce l’aspettativa di vita di 10 anni e a essere più colpite da disturbi del sonno e depressione (anche di infarto) sono le donne. Quindi il messaggio che dobbiamo dare è ‘Non lesinate il sonno’”.

Quali sono i benefici del sonno?
“Dormire bene ha un’azione diretta e positiva sul Sistema nervoso centrale e sui sistemi immunitario ed endocrino (prevenzione di diabete e obesità)”.

Le cause principali dell’insonnia?
“Sono molteplici. Da quelle di tipo genetico a fattori ambientali (turni lavorativi), stili di vita (consumo di sostanze stimolanti, alcol, uso smodato di smartphone) o legati a elementi psicologici ed emotivi, come stress, depressione, ansia; inoltre hanno un ruolo nell’insonnia la presenza di comorbidità con patologie cardiache, asma, artrite, ipertiroidismo, ecc. e l’assunzione di farmaci (cortisone, farmaci antipertensione, ecc.). Purtroppo l’insonnia è una condizione estremamente comune: il 30-50% degli adulti fa esperienza occasionale di difficoltà nel riposo notturno; il 6-13% mostra veri e propri sintomi di ‘disturbo del sonno’”.

Come si può prevenire?
“Bisogna rispettare i ritmi sonno-veglia (andare a letto entro le 23 e dormire per almeno 7-8 ore). E osservare alcune regole di igiene del sonno:

andare a letto e svegliarsi alla stessa ora ogni giorno;
evitare di fare un pisolino nel tardo pomeriggio o per più di 20-30 minuti;
esporsi al sole o alla luce diurna;
evitare la caffeina entro 6-8 ore prima di andare a dormire;
non consumare nicotina, uno stimolante, soprattutto prima di coricarsi e durante i risvegli notturni;
non consumare alcol per addormentarsi;
non mangiare pasti abbondanti entro due ore prima di coricarsi;
fare 20 minuti di esercizio aerobico durante il giorno per ridurre gli ormoni dello stress, ma evitare qualsiasi cosa faticosa entro tre ore prima di coricarsi;
smettere di lavorare almeno un’ora prima di andare a dormire per calmare l’attività mentale;
al momento di coricarsi, distogliere la mente dalle preoccupazioni ed evitare di discutere di problemi emotivi a letto;
mantenere una camera da letto tranquilla e buia, ben ventilata e a una temperatura confortevole (né troppo calda, né troppo fredda);
non accendere luci intense se ci si alza di notte; utilizzare invece una piccola luce notturna”.

I ricercatori suggeriscono di evitare l’uso dei sonniferi come prima linea di trattamento dell’insonnia e di provare prima altri metodi. Quali?
“Dopo la necessità di osservare le regole di igiene del sonno, e prima di avviare un trattamento medico-farmacologico, si possono proporre interventi cognitivo-comportamentali e tecniche di rilassamento”.

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