Finisce ancora così. Finisce sempre così. Con il Siviglia campione di Europa League per la settima volta, il suo trofeo. E le avversarie a masticare amaro. L’Italia beffata, la Roma in lacrime in mezzo al campo. Stretta intorno al suo condottiero Josè Mourinho che l’ha portata fino a un passo dal trofeo continentale con le sue armi: l’intensità, l’applicazione, la testa e il cuore. Non sono bastati ai rigori.

La Roma si arrende solo dal dischetto, dopo l’1-1 e oltre 140 minuti di gioco infiniti, tra regolamentari, supplementari e maxi-recuperi. Una partita estenuante. Sporca, carica di tensione, proteste, ammonizioni (ben 13 alla fine, più altre in panchina), episodi, anche arbitrali. Una finale, insomma. Che la Roma ha giocato alla Mourinho. Semplicemente perfetta, fin quando è durata la benzina, cioè Paulo Dybala. Alla vigilia Mourinho aveva detto che aveva nelle gambe “20-30 minuti”: non aveva mentito. Il campione argentino è rimasto in campo fino al 60’, ma ha incantato per mezz’ora, tra assist, dribbling e il gol che aveva illuso tutti. Finché ha brillato lui, la Roma ha volato e il Siviglia non ci ha capito nulla. Il resto è stata difesa e tanta sofferenza. Inutile, purtroppo. Il Siviglia invece ha messo in mostra le sue doti, già esibite in semifinale contro la Juventus. Un possesso palla paziente, una manovra avvolgente in grado di aggirare anche le difese più rocciose. Oppure indurle in errore, come successo con Mancini in occasione dell’autogol che ha vanifica il vantaggio di Dybala. Così aveva ribaltato al ritorno la Juventus. Così ha rimontato anche a Budapest la Roma, trascinandola ai rigori e poi beffandola.

Ai giallorossi restano rimpianti. Anche recriminazioni: per un rigore a 10 minuti dalla fine per un fallo di mano che l’arbitro Taylor avrebbe tranquillamente potuto fischiare, oppure per il penalty decisivo sbagliato dal Siviglia e fatto ripetere dal Var, circostanza più unica che rara. Ma in fondo sono più i rimpianti per una gara che si era messa esattamente come l’aveva pianificata Mourinho e che anche dopo avrebbe potuto pendere da una parte come dall’altra. Copione prevedibile. Palla al Siviglia, ma boccino tattico alla Roma. Sarebbe esagerato dire che i giallorossi giochino meglio, ma certo per tutto il primo tempo riescono meglio nel loro piano, fatto di marcature preventive, concentrazione e anche ripartenze. Infatti la prima occasione è giallorossa: Dybala crea, Spinazzola si ritrova un piazzato che è quasi un rigore, ma calcia troppo centrale. Il gol, per quanto estemporaneo, non è casuale. Bastano tre tocchi alla Roma per andare in porta: il solito recupero aggressivo di Matic, l’imbucata di Mancini, e poi il sinistro di Dybala, controllo e tiro all’angolino. Apoteosi giallorossa. Quasi.

Il Siviglia è completamente irretito dalla Roma e dalle serpentine di Dybala, che continua a far ammattire la difesa avversaria: sull’ennesima magia del fantasista argentino, Pellegrini cerca il rigore e trova il giallo per simulazione. Solo nel finale, con la classe di Rakitic, gli spagnoli colpiscono un palo. Il pareggio non sarebbe stato meritato, ma è un piccolo segnale che qualcosa sta cambiando. A sterzare l’inerzia nella ripresa ci pensano anche i cambi, Lamela e Suso, gli ex della Serie A già decisivi contro la Juve. E poi il piglio: più deciso, troppo e troppo presto remissivi gli uomini di Mourinho. Sul cross tagliato di Navas, arriva lo sfortunato autogol di Mancini che rimette tutto in equilibrio.

I ritmi si abbassano, salgono i nervi e paradossalmente ciò aiuta la Roma. Che nel pantano, in mischia, per poco non trova la zampata vincente di Abraham. In un match così in bilico non poteva mancare il momento del Var: prima salva i giallorossi togliendo un rigore fischiato su Ibanez (che però ha toccato prima la palla), poi non richiama l’arbitro Taylor per una mano molto rischiosa di Fernando in area, giudicata attaccata al corpo. Per il momento vince solo la stanchezza. Supplementari, dove le squadre ovviamente sono ancora più stanche e solo la Roma con una serie di cross e campanili sfiora il colpaccio. Siccome un vincitore però bisogna pur trovarlo, non restano che i rigori. Dove purtroppo alla Roma sono rimasti solo difensori. E la differenza si vede: sbagliano Mancini (parato) e Ibanez (palo), Rui Patricio illude parando il match point ma il Var fa ripetere il rigore e Montiel fa centro. Il Siviglia conquista ancora una volta l’Europa League. Roma piange.

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