Nella battaglia legale da parte della difesa sul caso dei reperti c’è un nuovo capitolo. È stato accolto dalla Cassazione, con rinvio per nuove esame davanti alla Corte di assise di Bergamo, il ricorso della difesa di Massimo Bossetti – condannato in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio Yara Gambirasio – in tema di indagini difensive funzionali all’eventuale promovimento del giudizio di revisione. La I sezione ha annullato con rinvio l’ordinanza del 21 novembre 2022 della Corte di assise di Bergamo, che, in sede di esecuzione, aveva negato alla difesa di Bossetti il diritto di accedere ai reperti confiscati ai fini dello svolgimento di indagini difensive in vista dell’eventuale revisione del processo. Quella della ricognizione dei reperti è una vicenda che va avanti da oltre 4 anni e in passato la difesa era stata già autorizzato a esaminarli. Adesso, in seguito alla decisione emessa in camera di consiglio dagli ‘ermellini,’ al termine di una discussione a porte chiuse, i giudici dovranno consentire alla difesa la ricognizione dei reperti, nei limiti già autorizzati in precedenti provvedimenti, stabilendo contestualmente le opportune cautele idonee a garantirne l’integrità. All’esito della ricognizione, se la difesa avanzerà nuova specifica richiesta, la Corte di assise – spiegano fonti della Cassazione – dovrà valutare la concreta possibilità di nuovi accertamenti tecnici e la loro non manifesta inutilità.

Nelle motivazioni della sentenza per il muratore di Mapello, la Cassazione aveva scritto che non ci fu complotto e non c’è dubbio che il Dna sugli indumenti di Yara Gambirasio appartenesse a Bossetti: “Numerose e varie analisi biologiche effettuate da diversi laboratori hanno messo in evidenza la piena coincidenza identificativa tra il profilo genetico di Ignoto 1, rinvenuto sulla mutandine della vittima, e quello dell’imputato“. L’evidenza scientifica, sottolineano i giudici della Cassazione, ha “valore di prova piena”. In 155 pagine risponde ai venti motivi di ricorso della difesa, che sollevava diverse obiezioni, contestando la prova del Dna, la ‘catena di custodia’, i kit utilizzati. La Cassazione biasima i “reiterati tentativi di mistificazione degli elementi di fatto” ed evidenzia: “La probabilità di individuare un altro soggetto con lo stesso profilo genotipico” equivale a “un soggetto ogni 3.700 miliardi di miliardi di miliardi di individui. I giudici di merito – si legge nella sentenza – hanno correttamente affermato che il profilo genetico è stato confermato da ben 24 marcatori”, mentre le linee guida scientifiche individuano un soggetto “con l’identità di soli 15 marcatori”.

Bossetti, che viveva nella bergamasca, a Mapello, dove faceva il muratore, è in carcere dal 14 giugno 2014, decisive le prove del Dna raccolte dopo aver passato al setaccio migliaia di profili genetici degli abitanti dell’area dove è avvenuto il delitto della tredicenne che il giorno della sua scomparsa stava andando in palestra per fare allenamento di ginnastica. Tuttavia, come emerso nei dibattimenti che si sono aperti in seguito ai tentativi della difesa di riaprire il processo e giocare la carta della revisione, la prova regina che ha puntato il dito contro Bossetti – il campione genetico 31 G20 che raccoglieva la traccia del suo Dna, trovato sui leggins della vittima – a furia di essere analizzata è esaurita. Quindi l’esame del Dna su quella traccia non può più essere eseguito.
Tra circa un mese si dovrebbero conoscere le motivazioni della decisione emessa questa sera dai supremi giudici, e si capirà con precisione per quali reperti è stato consentito l’accesso da parte della difesa dell’imputato.

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