“Fra qualche mese non ci sarà più qualcuno che di fronte a queste calamità dirà “non l’avevo mai visto“. Ecco, non bisogna più chiedersi “se accadrà”, ma chiedersi “quando accadrà“. Perchè il cambiamento climatico ha raggiunto anche l’Italia e questo processo di tropicalizzazione ci ha abituati, o ci abituerà a lunghissimi periodi di siccità e brevissimi periodi di intensa pioggia. I risultati sono sotto agli occhi di tutti“. È l’avvertimento lanciato in conferenza stampa dal ministro della Protezione civile Nello Musumeci, parlando delle alluvioni in Romagna che hanno causato 9 morti, molti dispersi, oltre 13mila sfollati e cinquantamila case senza luce. “Serve un approccio nuovo dal punto di vista del sistema idraulico su tutto il territorio nazionale. Quello che è accaduto in Emilia-Romagna era già accaduto a Ischia (dove l’alluvione di novembre 2022 fece 12 vittime, ndr) e potrà accadere in tutte le altre zone del Paese”, spiega.

“La media dell’acqua piovana è di 200 millimetri in 36 ore, che in alcune zone ha raggiunto la quantità di 500 millimetri, parlo delle province più colpite, quindi Forlì-Cesena e Ravenna. Se si tiene conto che in un anno la piovosità in quella regione è di mille millimetri vi renderete conto della potenza che le precipitazioni hanno assunto nelle ultime ore”, prosegue il ministro. E per questo, dice, “ci vuole un approccio ingegneristico diverso, nulla sarà più come prima: se in un centro abitato abbiamo immaginato una rete di distribuzione di acque piovane capace di assorbire mille millimetri in 12 mesi, dobbiamo adesso pensare ad un sistema di raccolta d’acqua che dovrà assorbire 500 millimetri in 48 ore”. In campo per i soccorsi, riferisce, ci sono circa 2.500 uomini, di cui 800 vigili del fuoco.

Nel prossimo Consiglio dei ministri, informa Musumeci, “ci sarà un’ulteriore dotazione finanziaria che stiamo quantificando in queste ore e che riguarda l’ampliamento dello stato di emergenza in Emilia-Romagna: sarà un provvedimento in continuità con quello già adottato. Poi si passerà alla fase della ricognizione, molto più dettagliata. E poi al ripristino e alla ricostruzione degli argini, che sono scomparsi in molte aste fluviali. C’è in tutta Italia una carenza di manutenzione e per affrontare il tema siccità bisogna immaginare anche nuovi invasi, in Italia non si fanno dighe da circa quarant’anni”, ha ricordato. Annunciando: “Siamo pronti ad un piano nazionale per affrontare le piogge abbondanti e i lunghi periodi di siccità, perché occorre una rilettura del territorio. Lavoreremo con gli altri ministeri e sarà possibile realizzarlo entro otto mesi o un anno”.

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