di Michele Sanfilippo

Dall’inizio del conflitto tra Russia e Ucraina la stampa mainstream sta schiacciando l’opinione pubblica dentro una visione manichea: c’è un aggressore e un aggredito. L’aggressore è un dittatore sanguinario ed è, quindi, dovere delle democrazie compiute difendere a spada tratta l’aggredito, sotto l’egida della Nato.

Ad onor del vero, una buona parte di questa visione non è affatto sbagliata. Putin è, di fatto, un dittatore: il giochetto attraverso cui lui e Medvedev, da quasi 25 anni, si spartiscono il potere è un insulto alla democrazia. La Russia è il paese aggressore, l’Ucraina quello aggredito. Non c’è dubbio.

Che la sola risposta possibile a questo conflitto sia quella che stiamo praticando ora, invece, mi sembra assai più discutibile. Certo, è stato giusto dare a Putin il segnale che non può trattare i problemi internazionali invadendo i paesi con cui entra in conflitto ma neppure si può ignorare perché si sia arrivati al conflitto. Del resto, è stato lo stesso Biden nel 1997 a dichiarare che se i paesi baltici fossero entrati nella Nato (cosa ormai avvenuta) la Russia avrebbe reagito severamente. E, ormai, con l’eccezione dell’Ucraina, tutti i paesi baltici sono nella Nato. Ed è proprio per volontà degli Stati Uniti d’America che la Nato sta adottando una posizione incline a rifiutare ogni forma di trattativa, mentre è disponibilissima a fornire, tramite i paesi membri, grandi quantità d’armi all’Ucraina. Fino a quando? Non si sa. Non c’è una prospettiva d’uscita.

Io credo che questa guerra stia dando agli Usa (che non a caso la sostengono senza mezzi termini) numerosi benefici economici a scapito degli interessi dei paesi europei che erano quelli che avevano un maggior volume d’affari con la Russia. In particolare, Germania e Italia come abbiamo potuto verificare con le nostre bollette durante l’inverno appena trascorso. Ma oltre ai danni economici si stanno anche producendo enormi perdite di vite umane, di aggravamento dei problemi ambientali – senza contare che portare la Russia sul filo del baratro potrebbe perfino spingere Putin a far uso di armi nucleari. Mi domando con quali effetti.

Il grande assente è, come troppo spesso accade, l’Europa, che nella sua fase costituente aveva fatto sperare che si sarebbe ispirata a valori che non si limitassero al solo incremento del Pil, che sembra ormai la sola vera religione incarnata (il Neoliberismo Economico) che governa gli Usa da Reagan in poi. L’Europa dovrebbe essere in grado di produrre proposte in grado di conciliare i paesi in conflitto, avendo come primo obiettivo quello di salvare vite umane. Per anni Fabio Fazio e i grandi giornali del potere economico ci hanno messo in guardia dalla sparizione della complessità che l’avvento di quei barbari del Movimento 5 Stelle stavano producendo nel discorso politico. Oggi, invece, non appena qualcuno cerca di fare un approfondimento sulle ragioni del conflitto viene immediatamente arruolato nello schieramento dei putiniani, dato che, come è evidente a tutti, c’è un aggredito e un aggressore.

Allora, dato che l’informazione non lo fa, occorre far sentire a chi ci governa che nella società civile esistono anche punti di vista più complessi rispetto alla semplificazione che ci viene propinata da oltre un anno a reti unificate. È per queste ragioni che mi sento vicino alla proposta di Michele Santoro, Alessandro Barbero, Tomaso Montanari, Anna Falcone e tanti altri di una staffetta della pace. Occorre uscire dal cieco e sterile manicheismo adottato da quasi tutta l’informazione, mentre c’è bisogno di dare voce a posizioni critiche ma costruttive, le sole che possono portare alla comprensione delle posizioni dell’altro e, quindi, alla soluzione del conflitto.

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