di Monica Valendino

“La coerenza è il fondamento della virtù” (Sir Francis Bacon). Giorgia Meloni e il suo governo si stanno rivelando tra i più atlantisti che si possa conoscere. Eppure la Presidente del Consiglio prima di sedere a Palazzo Chigi aveva chiare idee. Il 14 ottobre 2016, quando Matteo Renzi decise di mandare truppe italiane in Lettonia come missione Nato, scriveva sui social che “la decisione di schierare truppe, anche italiane, è una idiozia degna della fallimentare politica estera di Barack Obama. L’Europa e l’Italia non hanno alcun interesse a creare un clima di guerra fredda con la Russia, e per di più questa provocazione è da un punto di vista strategico totalmente inefficace a contrastare una ipotetica situazione di conflitto. Purtroppo le nazioni europee sono ormai governate da piccoli politici attenti solo a rispettare i compiti dati loro dai burocrati europei e non a tutelare il proprio interesse nazionale”.

Oggi, a chi chiede a Meloni spiegazioni sul perché abbia deciso di sposare in pieno la politica americana, spiega che “le cose sono cambiate e adesso ci sono un aggressore e un aggredito”. Vero, peccato che l’aggressore ha agito in conseguenza di una serie di scelte che hanno creato la base del conflitto. Del resto lo sapeva benissimo la premier, che sul suo sito personale il 17 marzo 2014 scriveva che “non condivide la scelta fatta dal governo Renzi e dal ministro degli Esteri Mogherini riguardo la questione Ucraina. Constatiamo con grande rammarico che questo governo, in continuità con i due precedenti, sia riuscito a far perdere all’Italia il ruolo di mediazione tra Russia e Occidente ottenuto negli anni passati grazie al governo di centrodestra. Crediamo, infatti, che l’Italia e l’Unione Europea non dovrebbero accontentarsi di sposare in modo acritico le scelte prese a Washington, ma dovrebbero, piuttosto, agire per ricercare un rapporto di equilibrio duraturo anche con la vicina Russia. La questione è stata spiegata chiaramente da importanti personalità italiane e straniere: da Sergio Romano a Henry Kissinger. L’Ucraina è uno Stato con due anime; per metà europeo e per metà russo. Ogni tentativo di soffocare una delle sue parti comporterà, come accaduto negli ultimi dieci anni, tensioni e instabilità”.

Una posizione in stile De Gaulle che voleva una destra che doveva spingere per una Europa autonoma e indipendente, con una revisione della Nato sempre più braccio armato degli Usa e con lo sguardo alla Russia per ampliare le possibilità economiche.

Dov’è oggi questa politica? Parlare di pace non solo è diventato inutile dinanzi agli occhi con la pupilla col simbolo del dollaro, che brillano alla possibilità di vendere armi e lucrare sulla ricostruzione; ma parlare di pace è anche impossibile se non si ritrova lo spirito che qualcuno aveva mostrato negli anni scorsi, quando la lucidità e l’obiettività erano più comuni (perfino l’allora presidente Ue, Romano Prodi, criticava l’ampliamento della Nato vedendolo come un rischio).

La domanda allora è: per diventare primo ministro in Italia, come ai tempi di Gladio, si deve essere atlantisti senza se e senza ma in virtù di una subordinanza all’America che sa di neo colonialismo, oppure c’è ancora modo di alzare la testa e guardare davvero agli interessi italiani ed europei, come sta già cercando di fare Emmanuel Macron anche col recente viaggio a Pechino?

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