“Oggi faccio un passo avanti. Voglio essere la prima presidente donna del Paese”. Con queste parole la ministra del Lavoro, Yolanda Díaz, ha concluso uno degli eventi politici più attesi negli ultimi mesi: la presentazione del suo movimento, Sumar, dopo un processo di ascolto che l’ha portata, insieme ai suoi collaboratori, a percorrere diverse località delle 17 comunità autonome della Spagna. All’evento hanno partecipato più di 5mila persone secondo gli organizzatori. Díaz ha svelato la sua candidatura solo alla fine di un discorso di circa 50 minuti, interrotta diverse volte da un pubblico euforico che intonava tra un applauso e l’altro un coro unanime: “Presidenta, presidenta”.

Le porte del centro sportivo Magariños, nel quartiere centrale di Madrid, aprivano alle 11.30. Un’ora prima dell’inizio, una coda lunghissima circondava l’edificio: circa 3mila persone sono riuscite a entrare nel polisportivo, altre 2mila hanno seguito l’evento da un maxischermo nel cortile interno della scuola attigua. Nel suo discorso ha ripercorso gli obiettivi che si era posta come ministra del Lavoro e quelli raggiunti fino ad ora, che considera come “le politiche con la maiuscola”: tra queste, la legge per i rider, per limitare la precarietà dei lavoratori del settore, l’aumento delle pensioni, l’incremento del salario minimo del 47% negli ultimi cinque anni, il limite all’aumento del prezzo degli affitti e la legge sul lavoro. E’ grazie a temi come questi che la ministra ha avuto una spinta di popolarità, anche in forza di alcuni indicatori economici (l’ultimo dato di ieri è il minimo del tasso di disoccupazione dal 2008).

Il programma di Sumar verrà pubblicato nei prossimi giorni. Tuttavia nel suo discorso la ministra e futura candidata alle elezioni generali – che si terranno a fine anno – ha avanzato alcuni degli obiettivi di quello che ha definito una “carta di diritti” della formazione. Tra questi la proposta di ridurre la giornata lavorativa senza però diminuire i salari, avanzare verso una transizione digitale giusta, in cui le piattaforme tecnologiche garantiscano e rispettino di diritti dei lavoratori; una legge specifica per aumentare la disponibilità di alloggi pubblici; il riconoscimento e il rispetto dei diritti delle persone Lgbtqi.

All’importanza delle politiche giovanili ha dedicato parte del suo discorso: “Per 40 anni i giovani in Spagna sono stati abbandonati dai governi. Vogliamo che i giovani abbiano un lavoro dignitoso, un salario dignitoso, una casa dignitosa, che amino come vogliono. Mai più giovani senza futuro”. Grande spazio anche alla questione ambientale e all’Europa: “Vogliamo un’Europa che non guardi indietro all’austerità. Non vogliamo un’Europa che ha causato dolore ma un’Europa più sociale, più verde, più femminista che mai. Vogliamo un nuovo Sumar europeista che metta i diritti umani al centro del dibattito. Perché il Mediterraneo non può essere un muro, deve essere un punto di incontro tra civiltà popoli e persone. Nessuno può morire cercando un futuro migliore”, ha detto.

Sumar e Podemos, incontro-scontro a sinistra
In prima fila, all’evento che ha incoronato Dìaz, erano presenti diversi esponenti della sinistra spagnola ed europea. Tra i più conosciuti, Iñigo Errejón, leader di Más País ed ex dirigente di Podemos, i ministri Alberto Garzón, di Izquierda Unida, e Joan Subirats, di Catalunya en Comú, il sindaco valenzano, Joan Ribó di Compromís, Ada Colau, sindaca di Barcellona. Circa 15 formazioni si sono strette attorno a Sumar: alcune hanno fatto parte di Unidas Podemos, altre sono nate successivamente. Tra queste Más País, Más Madrid, Izquierda Unida, Catalunya En Comú, Compromís, Chunta Aragonesista, Drago Verdes Canarias. Tuttavia i più attesi, ovvero i dirigenti di Podemos, non si sono visti, nonostante sia stato proprio l’ex segretario generale, Pablo Iglesias, a nominare Yolanda Dìaz come sua successora nel 2021.

L’obiettivo di Díaz in effetti è ricostituire l’unità dello spazio politico a sinistra del Psoe, da anni frammentato in diverse formazioni (da qui il nome, Sumar, che significare mettere insieme). Tuttavia, nei mesi e nei giorni precedenti alla presentazione di Sumar, la tensione tra la ministra e Podemos ha riempito le pagine dei giornali spagnoli e i commenti nei social. Ufficialmente, quel che li ha divisi sono due rivendicazioni di Podemos, tutte politiche: la richiesta di primarie aperte (che Dìaz ha respinto) e la necessità di un accordo sul peso che avrebbero le diverse formazioni riunite in Sumar.

Per Cristina Monge, politologa dell’Università di Zaragoza, il vero dibattito non sta nelle primarie. Le differenze di fondo che stanno dividendo le formazioni sono altre: “Esiste un problema di base che riguarda il progetto politico e le differenze su come è nato Podemos e come è nato Sumar e sulla loro relazione con il Psoe” spiega a ilfattoquotidiano.it. Podemos infatti nacque sulla scia del Movimento 15M, cioè quello degli Indignados, in un momento di post crisi: “In quel momento l’obiettivo era stravolgere il sistema” sottolinea Monge. Sumar, invece, centra la sua strategia nel dialogo e nella negoziazione non solo con gli avversari ma soprattutto con il Psoe, che non è più un nemico, quanto piuttosto un alleato con cui collaborare.

La frammentazione alla sinistra del Psoe preoccupa da parte loro i socialisti, coscienti del fatto che alle elezioni generali non basterebbe solo un buon risultato della loro formazione, ma anche quello di Sumar. Per molti il rischio di una frammentazione potrebbe facilitare una maggioranza assoluta formata dai popolari del Pp e i postfranchisti di Vox: il sistema elettorale spagnolo, infatti, penalizza il voto disperso e i partiti che non raggiungono il 15% a livello nazionale. Per Monge, comunque, è troppo presto per dirlo. “Mancano ancora le elezioni municipali e autonomiche [fissate il prossimo 28 maggio], che possono cambiare il panorama politico in quella parte della sinistra. In quell’occasione si vedrà anche quanti esponenti intermedi, nei comuni e nelle comunità, rimangono in Podemos e quanti confluiranno a Sumar. A oggi non sappiamo quanto apporterebbe quantitativamente e qualitativamente il fatto che Podemos entri in Sumar. Potrebbe anche generare certo rifiuto nei potenziali elettori di Yolanda Díaz”.

Chi è Diaz, la comunista galiziana
Yolanda Díaz
, attuale vicepresidente del Governo spagnolo e ministra del Lavoro, è nata a Fene (La Coruña, in Galizia) nel 1971. Il piccolo paese gallego marcherà il suo futuro. In questa località, infatti, avevano sede alcuni dei cantieri navali più importanti della Spagna, dove vi era forte presenza sindacale tra i lavoratori, legata al Partito Comunista spagnolo. Fu inoltre uno dei principali centri della lotta contro la dittatura negli anni Settanta. Suo padre, Suso Diaz, è stato un dirigente storico di Comisiones Obreras, il più importante sindacato spagnolo, e militava clandestinamente nel Pce.

Laureata in Giurisprudenza, ha lavorato inizialmente come avvocata del lavoro, per poi dedicarsi alla politica. I primi passi li ha fatti nel municipio di Ferrol, per poi passare a essere deputata nel parlamento della Galizia e fare il salto a livello nazionale nel Congresso (nel 2016) e nel governo come ministra e vicepresidente (dal 2019 a oggi). Díaz, conserva tuttora la tessera del partito comunista, anche se è stata leader di Esquerda Unida (la rama gallega di Sinistra Unita) quasi fino alla nascita di Sumar. Con l’evento della scorsa domenica, Yolanda Díaz ha dato inizio ufficialmente a una nuova fase per la sinistra spagnola e della sua carriera. “Il futuro è qui, si chiama Sumar”, ha affermato tra gli applausi del pubblico. Ha raccontato di aver dubitato molto, ma di una cosa si è detta sicura: “È il momento delle donne, vogliamo essere le protagoniste della storia”.

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