Alcune conferme: Franco Zeffirelli è tra i piu’ grandi protagonisti della scena culturale del secolo scorso. E Alessio Vlad, direttore artistico dell’Opera, uno che non sbaglia un colpo nella sua programmazione, ha voluto proprio lo stesso allestimento con il quale Zeffirelli debutto’ 30 anni al Teatro dell’Opera di Roma. Con aggiunta (notevole) della bacchetta “magica” del maestro israeliano Daniel Oren.

Con I Pagliacci di Leoncavallo, di cui ha curo’ regia e scenografia, Zeffirelli ha scompaginato il registro delle rappresentazioni tradizionali ancora oggi l’allestimento risulta vibrante, gioioso e contemporaneo con effetti che sembrano anticipare quello che sarebbe poi diventato il fenomeno di massa de le Cirque du Soleil.
Sullo sfondo incolore di un edificio di ringhiera brulicante di un’umanità variopinta, tra bancarelle e bottegucce, prostitute e marinai si mescola una compagnia di giocolieri, saltimbanchi e mangiatori di fuoco la mentre scoppia il dramma di sangue della gelosia. “E’ il delirio della carne”, come la definí Zeffirelli.
E alcune sorprese scoperte per caso: la Villa-Museo di Zeffirelli, allestita come un palcoscenico da Renzo Mongiardino, l’archistar di quei tempi, si animava come un circo da opera buffa, ci passavano in tanti, noti e non, le sue feste erano un caleidoscopio di personaggi da Michael Jackson a Nureyev, da Liz Taylor a Domingo, dalla Callas a Judi Dench, ognuno si rifletteva nell’ego dell’altro.

Li ha fotografati tutti Umberto Pizzi, è una certezza assoluta, ancora qui, 86 anni ma occhio vispo come un ragazzino, non perde un click nel parterre. La piu’ fotografa sempre lei Marisela Federici, accompagnata da Emminenze ecclesiastiche. Sobria ed elegante, in mezzo a pittoresche creature. Zeffirelli era il dio/totem. Con il pianoforte giapponese sempre a portata di note. “Vuoi lavorare per me?“, chiese a bruciapelo a un giovanissimo Valerio Cappelli, oggi firma autorevolissima del Corriere della Sera. Scriveva i programmi di sala per suo conto, firmati da Zeffirelli “Insomma mi propose di fare il ‘negro’ come si dice in gergo” -ricorda Valerio nel foyer del Teatro dell’Opera – Posso vantarmi di avere una cosa in comune con Franco: pagava i miei scritti con due lire e una boccetta di Penhaligon, di cui lui era diventato co-azionista: all’epoca era una rarità in quanto si poteva acquistare soltanto a Londra”. Casa sua sull’Appia Antica fino a un certo punto, ché i patti col proprietario Silvio Berlusconi furono chiari: Franco poteva viverci finché era in vita, poi le chiavi sarebbero andate a sua figlia Barbara. Tutt’intorno il giardino, dai pini secolari, le rose, il limoneto che costeggia la piscina adornata di due statuette, dono di Luchino Visconti. Poi arrivò lei, Natasha Grenfell, un’ereditiera anglo-russa con un corteo di cinque Mercedes nere piene di vestiti e animali, pappagalli, canarini, tartarughe e i suoi amati golden retriever.

Repliche fino al 19 marzo. C’è tempo per Salvini e Giorgia di vedersi una vera commedie de l’art. Per Leoncavallo siamo tutti un po’ pagliacci, il mondo stesso è una pagliacciata.

Nota a margine 1) sale sul palco e commuove tutti Raimonda Gaetani, la costumista storica di Franco, un bastone la sorregge insieme a una pioggia di applausi.
Nota a margine 2) Parcheggiare nel garage di Via Urbana 172 per la durata di 2 ore dello spettacolo costa la bellezza di 15 euro. Si giustificano: siamo convenzionati con il teatro. Non è vero, direttore Vlad indaghi. Prendeteci pure per il c*lo ma non in nome del Gran Teatro dell’Opera.

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