La possibilità di modificare geneticamente gli embrioni umani prima o durante la gravidanza è tuttora una realtà lontana, destinata a restare ancora per qualche tempo appannaggio della fantascienza, ma non della ricerca. Questo, almeno, è quanto emerge da un’analisi degli scienziati dell’Oregon Health & Science University, che hanno pubblicato un articolo sulla rivista Nature Communications per descrivere i risultati del proprio lavoro. Il gruppo di ricerca, guidato da Shoukhrat Mitalipov e Paula Amato, ha valutato i metodi scientifici attualmente utilizzati per analizzare il Dna degli embrioni umani e le capacità della ricerca di alterare le sequenze genetiche attraverso lo strumento CRISPR, l’editing genetico (tecnica premiata con il Nobel nel 2020, ndr). Stando a quanto emerge dall’indagine, la tecnologia di manipolazione genetica non è ancora sufficientemente avanzata per garantirne l’utilizzo in sicurezza sugli embrioni umani. La possibilità di alterare il genoma è sicuramente molto promettente per la prevenzione e il trattamento delle malattie ereditarie, ma, secondo gli autori, esistono ancora troppi limiti prima che queste tecnologie diventino operative senza rischi di complicazioni.

Il trasferimento in vivo di un embrione modificato, spiegano gli esperti, richiede numerosi accertamenti per verificare che la procedura sia avvenuta come previsto. Nelle prime fasi della gestazione, la minuscola forma di vita che inizia a strutturarsi è costituita da una manciata di cellule, per cui è impossibile prelevare materiale sufficiente per l’analisi. Gli scienziati raccolgono quindi un campione che viene poi alterato attraverso un processo chiamato amplificazione dell’intero genoma. Lo stesso approccio viene utilizzato per lo screening degli embrioni umani per valutare la presenza di condizioni genetiche in caso di fecondazione in vitro.

Il sequenziamento basato sull’amplificazione, però, è caratterizzato da limitazioni che possono ridurre l’accuratezza dei test genetici. “Potremmo non essere in grado di prevedere in modo affidabile le condizioni di salute degli embrioni analizzati – spiega Amato – e capire se diventeranno effettivamente bambini sani o se svilupperanno delle mutazioni genetiche”. I ricercatori hanno evidenziato poi che gli approcci di lettura del Dna basati sull’amplificazione di una piccola quantità di materiale genetico possono provocare mutazioni collaterali potenzialmente dannose. “Sappiamo ancora molto poco sulla possibilità di alterare il genoma – aggiunge Mitalipov – specialmente su come le cellule rispondano al danno indotto da CRISPR. La riparazione genica ha un grande potenziale, ma la nostra analisi suggerisce che c’è ancora molto da fare”.

Il team ha stabilito linee di cellule staminali embrionali da embrioni geneticamente modificati in modo da analizzare il materiale genetico senza dover ricorrere all’amplificazione. Gli strumenti di manipolazione genetica, come CRISPR Cas9, potrebbero quindi provocare più problemi di quanti ne risolvano. In particolare, precisano gli esperti, la conversione genica può variare da segmenti relativamente piccoli fino a 18.600 coppie di basi di Dna. “Saranno necessari ulteriori approfondimenti – concludono gli autori – per comprendere appieno il meccanismo alla base dell’editing genetico prima di utilizzarlo in sicurezza in ambito clinico, ad esempio per avviare una gravidanza”.

Lo studio su Nature

Valentina di Paola

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