In Italia è ora di parlare (meglio) di PrEP. Non solo tra chi si occupa di diritti Lgbtq+, ma anche e soprattutto al di fuori di quella cerchia. Quando capita di tirare fuori l’argomento tra amici e colleghi la domanda è sempre la stessa: “Che cos’é?”. È un’ulteriore arma contro l’HIV, eppure in Italia molto spesso non si affronta l’argomento. Le ragioni sono da ricercare in un mix tra tabù, pregiudizi e discriminazione. Ma al di là delle analisi, resta il fatto che nel nostro Paese, chi decide di intraprendere il percorso di PrEp incontra numerose difficoltà.

Che cos’è la PrEP – La sigla PrEP sta per profilassi pre-esposizione e consiste nell’assunzione di un farmaco prima e dopo un evento a rischio HIV, ad esempio un rapporto sessuale non protetto o la condivisione di siringhe. Come riporta il sito prepinfo.it, i principi attivi contenuti nella compressa sono due: tenofovir DF ed emtricitabina. Il farmaco originale si chiama Truvada e in Italia è disponibile il generico. La PrEP, così come l’HIV, non riguarda l’orientamento sessuale, e per questo protegge tutti, compresi coloro che hanno rapporti con partner sieropositivi il cui virus non risulti ancora controllato dalla terapia. In caso contrario, infatti, vale l’equazione U=U, “undetectable = untransmittable”, ovvero chi ha carica virale non rilevabile non può infettare.

Le modalità con cui sottoporsi alla profilassi sono due: quotidianamente oppure al bisogno. Nel primo caso, particolarmente indicato per chi ha una vita sessuale molto intensa e non è in grado di prevedere quando avrà rapporti, è sufficiente assumere una pillola al giorno. Nel secondo caso lo schema cambia: si prendono due pillole insieme dalle 24 alle 2 ore prima di fare sesso, una compressa 24 ore dopo la prima assunzione, e un’altra pillola a distanza di 24 ore. Trattandosi pur sempre di farmaci è legittimo chiedersi se ci siano effetti collaterali. La risposta è sì, e riguardano la salute dei reni e delle ossa. Va però detto che dal 2019, anno in cui la PrEP ha iniziato a essere somministrata in Italia, solo lo 0,5% delle persone si è visto costretto a interromperla. Inoltre, il dosaggio al bisogno riduce la possibilità di incorrere in simili problemi.

Come ottenere la PrEP – Il percorso inizia con la prenotazione di un appuntamento per un centro PrEP (un elenco molto utile è consultabile all’indirizzo www.prepinfo.it/chi-ti-segue/). Qui si sostiene il colloquio con l’infettivologo il quale prescrive le analisi preliminari. È infatti fondamentale che il paziente sia HIV-negativo prima di cominciare la terapia. A essere indagate in questa fase sono anche la salute dei reni e le infezioni sessualmente trasmesse. Superati con successo i controlli, il medico può prescrivere la PrEP. Periodicamente – il che vuol dire ogni 3 mesi circa – bisogna tornare per la prescrizione e per sottoporsi agli esami di cui sopra. Fin qui tutto bene, anzi benissimo: si è costantemente monitorati e si ha piena coscienza del proprio stato di salute. Peccato che, come sottolinea Manlio Converti, presidente Amigay Aps, assicurarsi una visita trimestrale non sia affatto semplice: “Con il Covid i tempi degli infettivologi si sono allungati”. Per questo si accalora nello spiegare che “non c’è bisogno che l’accertamento sanitario sia fatto da un infettivologo, basta il medico di base, che sicuramente è più accessibile per garantire la continuità terapeutica”. E ancora: “Come mai può prescrivere la pillola anticoncezionale ma non la PrEP? Perché riguarda i gay, mentre l’anticoncezionale riguarda gli etero, e i medici di base spesso sono profondamente omotransfobici”.

Quanto costa? – A differenza di quel che avviene in gran parte d’Europa, in Italia la PrEP non viene rimborsata dal sistema sanitario nazionale. Una confezione da 30 pillole costa 60 euro, aspetto che “costituisce una barriera rispetto all’accesso” fa notare Daniele Calzavara, coordinatore dello spazio community based Milano Check Point che segue circa 900 pazienti. Il rischio è che questa profilassi diventi “una prevenzione di classe, per cui chi può permettersela la acquista, chi non può rimane esposto al rischio di contagio” gli fa eco Sandro Mattioli, fondatore del BLQ Checkpoint di Bologna, che a proposito del capoluogo emiliano afferma: “È una città universitaria, gli studenti fuori sede o pagano l’affitto o la PrEP”. E sulla possibilità di un rimborso è molto cauto: “So che Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, sta per decidere in questo senso, ma abbiamo dovuto sudare sette camicie per convincerla”.

Giudizi e pregiudizi – La mancata gratuità del farmaco, o almeno l’accesso a un costo più contenuto, nel nostro Paese è ascrivibile al disinteresse della politica? Spiega ancora Calzavara: “C’è un grande pregiudizio morale nei confronti di questa profilassi di prevenzione, poiché riguarda il sesso e soprattutto quello non protetto, quando nei fatti la maggior parte della popolazione non fa sesso protetto. È un atteggiamento ipocrita che fa finta di non vedere quello che succede nella realtà”. Aggiunge Mattioli: “In Italia siamo in quello che gli statunitensi definivano il periodo del ‘Truvada whore’ (la puttana del Truvada), per cui chi usa la PrEP è perché vuole fare le orge”. Non sorprende, allora, che persino coloro che dovrebbero essere ferrati sull’argomento siano impreparati: “La maggior parte delle farmacie al di fuori dei grandi centri non sa nemmeno che cosa sia. Non sa quante volte la farmacista sotto casa mi ha detto: ‘Non capisco perché prendere la PreEP quando c’è il preservativo’” ci confida ancora.

E qui si inserisce un’altra spinosa questione: il rapporto tra profilassi pre-esposizione e uso del condom. C’è chi contesta alla promozione della PrEP il rischio di deresponsabilizzazione nei confronti di altre malattie. “Si pensa che sia un via libera a togliere il profilattico, ma non è vero” dice Calzavara. “Le abitudini sessuali post PrEP non cambiano poi tanto. Le persone continuano anche dopo a fare ciò che facevano prima di cominciare la profilassi, talvolta col condom talvolta senza. La grossa differenza è che se ne va l’angoscia per il virus dell’HIV. Più critico è il presidente di Amigay Aps, Converti: “La PrEP non sostituisce il preservativo. Bisogna usare entrambi. Pure le campagne pubblicitarie interne alla nostra comunità sono fatte in maniera equivoca. Il messaggio che passa è che se uso la PrEP o sono U=U allora posso fare sempre sesso non protetto, ma questo sta aumentando tutte le altre malattie sessualmente trasmissibili”. A dequalificare il caro vecchio profilattico, secondo Converti, è il pregiudizio per cui “se lo usi vuol dire che sei vecchio, che eri giovane negli anni ’90 quando quello era l’unico strumento per bloccare la catastrofe delle morti per Aids”.

La situazione italiana – Intanto i nuovi dati pubblicati nel notiziario redatto dal Centro Aids dell’Istituto superiore di sanità parlano di 1770 nuove diagnosi di infezione da HIV nel 2021, pari a un’incidenza di 3 ogni 100mila residenti. I numeri italiani sono inferiori alla media osservata negli altri Paesi dell’Unione Europea, ma potrebbero essere sottostimati a causa della pandemia di Covid-19 che ha reso più difficoltoso l’accesso ai test. Preoccupa non poco il fatto che nel 2021 oltre un terzo delle persone con nuova diagnosi HIV abbia scoperto la propria positività perché sono subentrati sintomi o patologie correlate. Le diagnosi tardive sono in aumento e, come avverte Mattioli, “lasciano pensare a un sommerso maggiore e significano anche un costo ben più elevato per il sistema sanitario”.

Che cosa non sta funzionando, dunque? “In Italia non si fanno abbastanza test, non ci sono campagne serie e un’adeguata promozione delle possibilità di testing” è la conclusione del direttore di BLQ Checkpoint. E, come visto, la PrEP (che al momento interessa circa 5mila pazienti di cui 3mila solo nel milanese) è un asso nella manica che non viene ancora visto come tale. Eppure numerosi studi clinici hanno dimostrato la grande efficacia del farmaco nel prevenire la trasmissione dell’infezione da HIV, se assunto correttamente. È il paradosso di una società estremamente sessualizzata nella quale parlare di sesso, però, è ancora un tabù.

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