Quadrature astrali. Qualcuno crede che influenzino gli eventi umani, altri no, ma magari possono diventare un ottimo espediente narrativo. Troppo difficile per chi non è del campo capire che quadratura ci fosse nella prima parte del 1988, ma di sicuro era favorevole a chi era belga e portava il cognome Demol. Già, perché Dirk, ciclista gregario dell’epoca da vero e proprio underdog riuscì a vincere in maniera quasi commovente la Parigi-Roubaix, mentre Stephane, che in comune col ciclista aveva solo il cognome, toccava l’apice della sua carriera calcistica. Stephane cresce nelle Fiandre: è un ragazzone riccioluto e molto alto, serafico quando gioca a calcio. Guida la difesa del Drogenbos, la squadra di un comune di 4mila abitanti e le sue abilità gli valgono subito la chiamata dell’Anderlecht, il più importante club nazionale. A 14 anni è già nelle giovanili, a 17 esordisce in prima squadra e diventa titolare fisso. Ha un solo campionato tra i professionisti ed è al pub con gli amici a Lovanio nel 1985 quando un’incornata di Grun all’85esimo negli spareggi contro l’Olanda regala ai Diavoli Rossi il pass per Messico ’86.

Non si sarebbe aspettato che dal tifare in quel pub nella futura città natale di Mertens sarebbe stato uno dei componenti della nazionale. Ma era evidentemente l’inizio di una quadratura astrale.
Guy Thys deciderà non solo di portarlo in Messico, ma di schierarlo a 20 anni titolare per tutta la manifestazione al posto di Hugo Broos. Stephane ricambierà contribuendo, anche con un gol incredibile nei supplementari degli ottavi contro l’Unione Sovietica a portare la squadra fino alle semifinali. Inutile ricordare che con l’avversario incontrato in semifinale neppure la più favorevole delle congiunture astrali avrebbe potuto fare granché: basta ricordare che era il 1986. Il Belgio chiude con un dignitosissimo quarto posto: fino al bronzo conquistato nel 2018 sarebbe rimasto il risultato più prestigioso della Nazionale ai Mondiali.

Demol fa ritorno nel suo Anderlecht: è un pilastro di una squadra che vince un altro campionato belga e per due volte si ferma ai quarti in Coppa dei Campioni. Le sue buone prestazioni lo rendono appetibile per i grandi club europei e per la Serie A: lo cercano Bayern, Barcellona, Stoccarda e anche l’Atalanta (all’epoca un club di A anche piccolo aveva l’appeal delle big europee) ma alla fine sceglie il Bologna di Maifredi neopromosso perché “gioca con la zona”. Per 600 milioni di lire Demol firma per il club del presidente Corioni. L’inizio è da incubo: dopo una vittoria illusoria alla prima contro il Pisa i rossoblù finiscono all’ultimo posto con la peggior difesa del torneo. Il contributo di Demol si sostanzia in un autogol contro la Juventus e in un gol su rigore contro il Napoli di Maradona, quando gli azzurri però erano già in vantaggio per 3-0. Poi la squadra di Maifredi riesce a risalire la china ma Demol finisce spesso ai margini: troppo lento e troppo leggero in marcatura contro i temibili attaccanti della Serie A, Maifredi ricorre ad altri elementi della rosa, Renato Villa in particolare.

Alla fine la squadra riuscirà a salvarsi, ma per Demol arriverà la bocciatura: sarà ceduto al Porto, e al suo posto arriverà un vecchio pallino del presidente Corioni e del mister Maifredi, il bulgaro Iliev. Al Porto Demol vincerà il campionato mettendo a segno la bellezza di 11 gol, ma la quadratura astrale favorevole era ormai finita: al Mondiale ’90 non bisserà l’esperienza di quattro anni prima e dirà addio alla Nazionale, e anche la sua esperienza nei club comincerà a farsi deludente tra Tolosa, Standard Liegi, Cercle Bruges e altre esperienze di poche presenze e tante delusioni. Ha provato l’esperienza da allenatore, facendo anche da vice di Vanderycken ma senza grossi successi. Domani compie 57 anni… magari dando un’occhiatina all’oroscopo e alle stelle.

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