Nuove perquisizioni nell’ambito dell’inchiesta della Procura federale belga, finora assistita anche dai pm e dalla Guardia di Finanza di Milano, nell’ambito dell’inchiesta sulle presunte mazzette pagate da Marocco e Qatar per influenzare le decisioni nei palazzi delle istituzioni europee. Questa volta, a finire sotto la lente degli inquirenti è la ong No Peace Without Justice, quella della quale è segretario generale uno degli indagati, Niccolò Figà-Talamanca, recentemente scarcerato dalle autorità belga.

Nello specifico, sono due le perquisizioni coordinate dai pm milanesi sulla base di un ordine di investigazione europeo emesso dai colleghi di Bruxelles: la prima, appunto, nella sede dell’organizzazione fondata da Emma Bonino, la seconda nell’abitazione romana della tesoriera della ong, Antonella Casu.

Una perquisizione che conferma la strategia seguita dagli uomini del magistrato belga, Michel Claise, a capo dell’inchiesta: quella di seguire il flusso di denaro tra le organizzazioni coinvolte, No peace Without Justice e Fight Impunity, per cercare di risalire a coloro che distribuivano le tangenti e, soprattutto, arrivare a color che le riscuotevano in cambio di posizioni precise da adottare su determinati dossier. Mentre in una prima fase dell’inchiesta sono stati determinanti i pedinamenti e le intercettazioni che hanno permesso agli inquirenti di scovare circa 1,5 milioni di euro in contanti in mano alla presunta mente dell’organizzazione criminale in seno al Parlamento Ue, l’ex eurodeputato di Articolo 1 Antonio Panzeri, al suo ex assistente, Francesco Giorgi, e alla compagna di quest’ultimo, l’ormai ex vicepresidente dell’Eurocamera, Eva Kaili, adesso si cerca di individuare anche i flussi di denaro nei conti correnti delle organizzazioni e in quelli indirettamente collegati ai personaggi chiave di questa vicenda.

Era stato proprio Giorgi, in una delle sue testimonianze, a spiegare che, dopo una fase iniziale, era emersa la necessità di creare un sistema che permettesse al denaro di fluire non in forma contante, ma attraverso ong compiacenti che “facevano girare i soldi” dando alle mazzette “una parvenza di legalità”. Un compito che, secondo i magistrati, spettava alla commercialista della famiglia Panzeri, Monica Rossana Bellini, considerata “l’artefice della rete di riciclaggio”. È questa la pista che, al momento, sta seguendo la squadra di Claise.

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